sabato 30 marzo 2013

La pastiera napoletana


 Il giorno di Pasqua, su tutte le mense napoletane, non può mancare la pastiera, uno dei capisaldi della cucina partenopea.Questo dolce, con il suo inconfondibile profumo, ci ricorda che la primavera è ormai arrivata.
La pastiera è una torta di pasta frolla, farcita con un impasto di ricotta, grano cotto nel latte, uova, frutta candita, zucchero. Il suo gradevole profumo è dovuto alle spezie e agli aromi che si usano : cannella, vaniglia e acqua di fiori d'arancio.La pastiera viene preparata tra il Giovedì e il Venerdì Santo e consumata nel giorno di Pasqua. Questo perché ha bisogno di almeno 24 ore di riposo così da permettere a tutti gli aromi di cui è intrisa di amalgamarsi in un unico ed inconfondibile sapore. Viene cotta in appositi " ruoti " di ferro stagnato e in essi anche servita poiché è molto fragile e per sformarla si rischia di frantumarla.
La pastiera, seppure in una forma rudimentale, ha avuto origini, forse, nelle feste pagane che celebravano il ritorno della primavera. Nella sua attuale versione venne, invece, " inventata ", probabilmente in uno dei tanti conventi napoletani e quello di S. Gregorio Armeno, era rinomato per le sue pastiere. Ma quello che più mi affascina riguardo alle origini della pastiera è la leggenda che parla della sirena Partenope che, incantata dalla bellezza del golfo che va da Posillipo al Vesuvio, vi stabilì la sua dimora. Ogni primavera la bellissima sirena emergeva dalle acque per salutare le genti che abitavano lungo il golfo con canti di gioia e d'amore. Una volta il suo canto fu così melodioso e soave che gli abitanti ne rimasero affascinati e accorsero in riva al mare commossi dalle parole d'amore che la sirena aveva loro dedicato. Per ringraziarla decisero di offrirle in dono le cose per loro più preziose. Scelsero sette tra le più belle fanciulle che portarono a Partenope la farina, simbolo della forza e ricchezza della campagna; la ricotta, dono dei pastori e delle pecorelle; il grano tenero bollito nel latte come prova dei due regni della natura; l'acqua di fiori d'arancio, perché anche i profumi della terra potessero renderle omaggio; le spezie, che rappresentano i popoli più lontani del mondo; lo zucchero per esprimere la dolcezza del canto della sirena Partenope profuso in terra in cielo e in tutto l'universo.
Partenope, felice per tutti questi doni ricevuti, si inabissò,  fece ritorno alla sua dimora e depose le preziose offerte ai piedi degli dei. Questi, anche essi inebriati dal canto di Partenope riunirono  e mescolarono divinamente gli ingredienti, trasformandoli nella prima pastiera, che superava in dolcezza il canto della stesa sirena.
Dopo questo simpatico viaggio nella leggenda, torniamo alla realtà. Possiamo affermare con sicurezza che la pastiera, così come il casatiello , risale almeno al 600. Infatti Giambattista Basile ( 1566-1632 ) li cita entrambi nella sua favola " La Gatta Cenerentola "  quando descrive i festeggiamenti dati dal Re per trovare la fanciulla che aveva perso lo scarpino : " E venuto lo juorno destenato, oh bene mio : che mazzecatorio e che bazzarra che se facette! Da dove vennero tante PASTIERE e CASATIELLE? Dove li sottestate e le porpette? ... "
C'è ancora un aneddoto legato alla pastiera. Si narra che Maria Teresa d'Austria, consorte del Re Ferdinando II° di Borbone,era soprannominata dai soldati " La Regina che non sorride mai " , a causa del suo carattere rigido ed austero. Un giorno, cedendo alle insistenze del marito, decise di assaggiare una fetta di pastiera. Al primo morso non poté fare a meno di sorridere, colpita dalla bontà del dolce. A questo punto Ferdinando II° esclamò : Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo! "
Sul sito ufficiale della pastiera http://www.pastiera.it/pastiera/  ho trovato questa simpatica poesia in lingua napoletana che riporto di seguito :

“Currite, giuvinò! Ce stà ‘a pastiera!”
E’ nu sciore ca sboccia a primmavera,
e con inimitabile fragranza
soddisfa primm ‘o naso,e dopp’a panza.
Pasqua senza pastiera niente vale:
è ‘a Vigilia senz’albero ‘e Natale,
è comm ‘o Ferragosto senza sole.
Guagliò,chest’è ‘a pastiera.Chi ne vuole?
Ll’ ingrediente so’ buone e genuine:
ova,ricotta,zucchero e farina
(e’ o ggrano ca mmiscato all’acqua e’ fiori
arricchisce e moltiplica i sapori).
‘E ttruove facilmente a tutte parte:
ma quanno i’ à fà l’imposto,ce vò ll’arte!
A Napule Partenope,’a sirena,
c’a pastiera faceva pranzo e cena.
Il suo grande segreto ‘o ssai qual’è?
Stu dolce pò ghì pure annanz’ o Rre.
E difatti ce jette. Alludo a quando
il grande Re Borbone Ferdinando
fece nu’ monumento alla pastiera,
perchè facette ridere ‘a mugliera.
Mò tiene voglia e ne pruvà na’ fetta?
Fattèlla: ccà ce stà pur’ a ricetta.
Màngiat sta pastiera,e ncopp’ a posta
dimme cumm’era: aspetto na’ risposta.
Che sarà certamente”Oj mamma mia!
Chest nunn’è nu dolce: è na’ poesia!”

Ma veniamo alla ricetta :
Per un "ruoto " di 28 cm

Per la pasta frolla
Farina  gr 400
burro  200 gr
zucchero  200 gr
uova   4 tuorli
un pizzico di sale

per il ripieno
ricotta  750 gr
uova  8 tuorli  e 4 albumi montati a neve
zucchero 600 gr
grano cotto  400 gr  ( una lattina )
burro  una noce
latte un bicchiere
acqua fiori d'arancio o millefiori  2 fiale
cannella  un cucchiaino
limone  1
cedro, zucca  e scorzette d'arancio candide  150  gr
vaniglia  una bustina
zucchero a velo

preparate la pasta frolla come da ricetta che trovate qui .Nel mentre la pasta frolla riposa prepariamo il ripieno. Mettete a cuocere, a fuoco basso, il grano con il latte, il burro e la buccia del limone che toglierete quando il composto sarà freddo. Fate cuocere per 10/15 minuti, mescolando frequentemente, fino a quando il composto avrà una consistenza cremosa. Lasciatelo raffreddare.
Frullate la ricotta con lo zucchero, quindi aggiungete i tuorli pochi per volta, facendoli assorbire dalla crema di ricotta. Aggiungete quindi il grano raffreddato, la cannella, l'aqua millefiori, la vaniglia e i canditi. Montate a neve gli albumi e aggiungeteli al composto delicatamente in modo da non smontarli.















Imburrate ed infarinate un "ruoto", versateci il composto, formate una sorta di griglia sulla sua superficie utilizzando delle striscioline di pasta frolla 

Infornate in forno preriscaldato a 170° e cuocete per almeno 90 minuti, comunque fino a che la superficie della pastiera non avrà assunto un deciso colore ambrato
La pastiera ha bisogno di almeno 24 ore di riposo prima di essere consumata. Prima di servirla cospargetela di zucchero a velo.



con questa ricetta partecipo al contest Sapori d'Italia del Blog A fuoco lento   

sabato 16 marzo 2013

Le zeppole di San Giuseppe


 Il 19 marzo è il giorno dedicato a San Giuseppe, padre putativo di Gesù, Santo protettore dei falegnami e anche dei venditori di cibo da strada, mestiere un tempo molto in voga a Napoli ed in tante altre città del meridione e mai del tutto scomparso.
Goethe, in visita a Napoli alla fine del 1700 scrive così : "  Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta...Sulle soglie delle case grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell'olio bollente, un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo, le ciambelle che man mano erano cotte e, con un altro spiedo, le passava a un quarto garzone che le offriva ai passanti..." . Si tratta, questo, di uno dei rari documenti che descrivono l'attività dei venditori di cibo da strada ( oggi lo chiamano street food ! ) ovvero i frittaroli o zeppolaiuoli.
Venditrice di zeppole

Ma la zeppola, intesa come dolce di pasta fritta,  ha sicuramente origini ben più antiche. Gli antichi romani, il 17 marzo, celebravano le "liberalia " e  " baccanali " e le matrone offrivano frittelle di frumento fritte nello strutto e intinte nel miele ( mi ricordano tanto gli antichi "scauratielli " ) Per trovare la prima ricetta scritta delle zeppole dobbiamo aspettare la venuta di Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino che, nel 1837, rifacendosi probabilmente alle antiche frittelle dei romani, ci presenta le sue zeppole.
La zeppola così come la conosciamo oggi, la zeppola di S. Giuseppe, chiamata così perché, appunto, è tradizione prepararla il 19 marzo, nel tempo ha subito delle trasformazioni rispetto a quella descritta da Goethe o dal Cavalcanti. Probabilmente la creazione di questo meraviglioso dolce di pasta fritta dal sapore neutro, coperto da una dolce crema  e sormontato da un amarena la si deve al pasticcere napoletano Pasquale Pintauro che dopo aver portato alla popolarità la mitica sfogliatella immerse, il 19 marzo del 1840, per la prima volta nell'olio la  zeppola di San Giuseppe.Questo splendido dolce della pasticceria napoletana non è più relegato alla sola ricorrenza del 19 marzo, ma lo si può trovare tranquillamente tutto l'anno. E' talmente buono che lo possiamo trovare  in tutto il resto d'Italia. Molti ne hanno tessuto le lodi : da Giovanni Bideri, nel suo " Passeggiata per Napoli e contorni " una sorta di guida turistica della città di Napoli edita nel 1844, al filologo Emmanuele Rocco che,  nel 1857, propose un epigrafe per un monumento da dedicare al dolce partenopeo : " Napoli inventò le zeppole / tutta l'Italia / se ne leccò le dita " Ma l'apprezzamento più spontaneo, genuino,  viene dai cantastorie dell'epoca che per lodare Rinaldo " O palatine e Francia, o cchiù putente "     non trovarono espressione migliore di questa : " E se magnava e zeppule vullente! "
Vediamo allora come è fatta questa "zeppola di S: Giuseppe ": Si tratta di una ciambella di pasta bignè che va rigorosamente fritta nell'olio o, meglio ancora, nello strutto, spolverata con zucchero a velo, poi ci si mette su della crema pasticcera ( è preferibile mettere prima lo zucchero a velo e poi la crema, per evitare che quest'ultima possa " rompersi " )e , per finire in bellezza, sulla crema poniamo tre buone amarene.Oltre a questa versione della zeppola, che è quella tradizionale, negli ultimi anni viene proposta anche la versione al forno, per accontentare coloro che hanno problemi di linea...anche queste al forno sono molto buone ma non reggono il confronto con il piacere che le nostre papille gustative provano quando mangiamo una zeppola fritta !

Ingredienti per circa 6/8 zeppole
Farina   gr 300
acqua  1/2 L
Burro  gr  100
uova   6
sale   un pizzico
olio di arachidi per friggere

Per la crema pasticcera
!/2  L di latte
Uova  3 tuorli
farina  3 cucchiai
zucchero  3 cucchiai
buccia di un limone non trattato

Per comporre il dolce
Amarene sciroppate
zucchero a velo

Prepariamo l'impasto.
Versiamo in una pentola l'acqua, il burro e il pizzico di sale. Mettiamo sul fuoco a fiamma moderata, appena l'acqua comincia a fare le prime bollicine ( attenzione non deve bollire! ) versiamo tutto d'un colpo la farina setacciata. Mescoliamo energicamente con un cucchiaio di legno per circa 10 minuti, comunque fino a che l'impasto non si staccherà dalle pareti. A questo punto togliamo dal fuoco la pentola, facciamo raffreddare l'impasto per una decina di minuti  e aggiungiamo le uova una alla volta, sempre mescolando con il cucchiaio di legno.
Una volta aggiunte tutte le uova facciamo riposare l'impasto per 30 minuti. Nel frattempo prepariamo la crema pasticcera. La ricetta la trovate QUI .
Finita la preparazione della crema possiamo friggere le zeppole. Occorrono due casseruole di piccolo diametro e dai bordi alti dove possiamo friggere le zeppole una alla volta " galleggiando"  nell'olio.Perché due casseruole? Per un motivo ben preciso : nella prima, dove l'olio avrà una temperatura di circa 120°, la zeppola dovrà avere il tempo di gonfiarsi ma non " dorarsi " nella seconda, con l'olio a temperatura più alta, circa 170° , la zeppola terminerà la sua cottura fino ad avere la sua " doratura ". Questa operazione si può fare anche usando una sola casseruola : basta tenere l'olio a una bassa temperatura  quando immergiamo la zeppola ( quindi a fiamma bassa ) per poi aumentare  la temperatura dell'olio alzando la fiamma, quando la zeppola si sarà gonfiata e terminare la cottura. Prima di friggere la zeppola successiva, abbassare la fiamma ed aspettare che la temperatura dell'olio cali.
Quindi riempiamo con l'impasto ottenuto una sac a poche col beccuccio a stella abbastanza grande
Prendiamo un piattino da caffè o un po più grande, ungiamolo con l'olio e, con la sac a poche, e facciamo scenderci l'impasto dandogli la forma di una ciambella col buco piuttosto piccolo.
Facciamo scivolare la zeppola nella casseruola con l'olio meno caldo e facciamola ben gonfiare, rigirandola spesso con l'aiuto di due bastoncini di legno ( vanno bene gli spiedini ) facendo attenzione a non bucarla. Una volta ben gonfia, preleviamo la zeppola con una schiumarola e trasferiamola nella casseruola con l'olio bollente dove termineremo la cottura. Appena ben dorata adagiamola su della carta da cucina per farle perdere l'olio in eccesso.

Cospargiamo le zeppole fritte con dello zucchero a velo, ricopriamole, con l'aiuto della sac a poche, con la crema pasticcera e terminiamo con tre amarene sciroppate.Ora, finalmente, la zeppola di S. Giuseppe è pronta per essere gustata!


Da diversi anni esiste anche una versione della zeppola di S. Giuseppe al forno,  ugualmente buona, meno calorica ma sicuramente non paragonabile alla bontà della zeppola fritta. La preparazione dell'impasto è la stessa, cambia solo il modo di cottura. Sempre con la sac a poche formiamo su una placca da forno ricoperta con carta da forno o unta con l'olio, la zeppola col buco centrale.

Cuociamole in forno preriscaldato a 170° per circa 30/35 minuti. Quando saranno ben dorate lasciamole nel forno spento e socchiuso per una decina di minuti.Quindi possiamo assemblare la zeppola con lo zucchero a velo, la crema e le amarene.Delle zeppole al forno esiste anche una versione mignon molto usata nei ristoranti.



Con questa ricetta partecipo al contest " Dolci fritti!!! " del Blog " Batuffolando "


mercoledì 6 marzo 2013

Linguine con i lupini

Gli spaghetti con le vongole, meglio conosciuti a Napoli come " vermicelli alle vongole " rappresentano, forse, il piatto più conosciuto della tradizione culinaria napoletana, piatto che è possibile trovare in ogni angolo del mondo. Molti sono convinti che le vongole veraci siano le più saporite, ma non è così : per un buon spaghetto con le vongole usate i lupini o vongole comuni, una specie un po più piccola di quelle veraci
Lupini o vongole comuni
ma molto, molto più saporite.Questa volta, come pasta, ho usato le linguine invece dei vermicelli ed ho aggiunto 2/3 pomodorini del piennolo giusto per dare una nota di colore al piatto, ma anche perché visto il sapore ben marcato dei lupini, la presenza del pomodorino non altera il meraviglioso sapore di " mare " che questo piatto ci regala.

 ingredienti per 4
Linguine o vermicelli   gr 350
lupini  1 kg
pomodorini del piennolo  3/4
olio EVO  qb ( almeno 1 cucchiaio a testa )
aglio  1 spicchio
peperoncino ( se vi piace )
prezzemolo tritato sale qb

procedimento
Innanzitutto bisogna mettere  i lupini  in un recipiente capiente, a bagno in acqua salata per almeno un paio di ore, in modo da far perdere loro l'eventuale presenza di sabbia. Di tanto in tanto smuoverle con le mani, facendole urtare tra loro. Dopo almeno due ore toglierle dall'acqua salata e sciacquarle per bene sotto l'acqua corrente. Portate a bollore l'acqua per la pasta.  In una larga padella fate scaldare l'olio e lo spicchio
d'aglio e, eventualmente il peperoncino. Appena l'aglio imbiondisce versate i lupini e coprite la padella con un coperchio. Smuovete ogni tanto la padella e fate aprire i lupini, appena aperti aggiungete i pomodorini tagliati in due e fate cuocere per non più di 5 minuti. Non dovrebbe essere necessario salare perché, in genere, i frutti di mare sono già sapidi
Scolate la pasta molto al dente, unitela ai lupini e saltatela in padella aggiungendo, se necessario, un mestolino di acqua di cottura. Spolverate con prezzemolo tritato e servite subito.