lunedì 30 dicembre 2013

A scarola mbuttunata ( scarola imbottita )

La scarola imbottita rappresenta un piatto tipico della cucina napoletana e campana La tradizione vuole che sia presente su tutte le tavole nel cenone della vigilia e in tutte le feste natalizie. Si può usare la scarola liscia o quella riccia, io ho usato quella riccia.


Ingredienti per 4 persone
4 cespi di scarola
8 filetti di alici sott’olio
100 gr olive di Gaeta
50 gr pinoli
50 gr uvetta sultanina
50 gr capperi
2 cucchiai formaggio pecorino grattugiato
Olio EVO
Uno spicchio aglio


Procedimento
Lavate per bene le scarole, lasciandole intere e togliendo loro le foglie esterne. Scuotetele in modo da eliminare l’eccesso d’acqua ed apritele delicatamente sul tavolo.
Disponete al centro di ognuna le olive snocciolate, due filetti di alici, una manciata di capperi, una di pinoli ed una di uvetta fatta rinvenire in precedenza in un po di acqua tiepida. Aggiungete un po di aglio tritato, una cucchiaino di pecorino ed un pizzico di sale
Richiudete le scarole e legatele con dello spago da cucina per non far fuoriuscire il ripieno.

 Versate l’olio in una teglia e fatevi rosolare le scarole, dolcemente, per qualche minuto. Aggiungete un bicchiere d’acqua, coprite e cuocete a fuoco moderato per una ventina di minuti. Generalmente vengono consumate come una sorta di antipasto o come una ulteriore seconda portata. Sono ottime anche fredde.

martedì 10 dicembre 2013

A genuvese ( sugo alla genovese )


La genovese rappresenta, insieme al ragù, uno dei fondamenti della cucina napoletana. Se definiamo il ragù il "re" della cucina napoletana, la genovese ne è, a pieno titolo,  la regina .Ma perché questo sugo che appartiene alla tradizione culinaria napoletana, porta il nome " alla genovese"?L'oriigne di questo nome è alquanto incerta. Una delle tesi più accreditate la fa risalire al XV secolo, in pieno periodo aragonese, quando nella zona del porto di Napoli, vi erano alcune osterie tenute da trattori genovesi i quali erano soliti cucinare la carne in modo da ricavarne una salsa per condire i maccheroni.
Scavi dell'antico porto Aragonese con, sullo sfondo Castel Nuovo (Maschio Angioino)

Tavola Strozzi (Museo di S:Martino) olio su tela del XV sec. che rappresenta  Napoli vista dal mare

Scavi dell'antico porto Aragonese ( particolare del muraglione aragonese in primo piano nella tavola Strozzi
   Altri studi fanno risalire l'origine di questo piatto alla presenza, sempre nel XV secolo, alla presenza, sul molo dove di solito attraccavano le navi provenienti da Genova, di un "maccaronaro", che aveva li il suo banchetto e che, probabilmente, prese il soprannome di " o genovese".
 Esiste ancora un'altra tesi sull'origine della genovese:  nel febbraio 1495, nelle fila dell'esercito francese che occupava Napoli, vi erano dei mercenari svizzeri.La cipolla è un ingrediente molto usato nella cucina elvetica e qualche mercenario svizzero avrebbe potuto trasmettere la conoscenza di una ricetta originaria di Ginevra. Da qui, con molta facilità il "sugo a la Genève "  può facilmente diventare " alla genovese".Ma, quasi come la trama di un thriller, ecco che alla fine degli anni 70 viene alla luce un documento che pare metta fine alla ricerca. Nell'Archivio Nazionale di Parigi, vengono alla luce dei documenti: sono due trattati di arte culinaria del medio evo. Uno di essi è il LIBER DE COQUINA, scritto da un anonimo alla corte Angioina di Napoli nel trecento Si tratta di un ricettario dell'epoca dedicato a Carlo II d'Angiò.E tra queste ricette,scritte in latino, la n° 66 porta il nome di " De Tria Ianuensis, " che tradotta diviene "Della Tria Genovese. Il termine " Tria " è presente già in alcuni testi del trecento, tra cui  il " theatrum sanitatis" dove per le paste alimentari si usa il termine "  Trij" . Ancora oggi, nel Salento, si cucinano " ciceri e tria" pasta e ceci!
 Insomma credo che possiamo essere sicuri di una sola cosa: di pasta alla genovese, a Napoli se ne parla già dal 1300, e, in attesa di definire l'origine del nome,  gustiamoci un bel piatto di ziti ala genovese!!L'ingrediente necessario per realizzare questo piatto è la cipolla.Non va usata quella bianca, tanto meno quella fresca. L'ideale è quella rossa di Tropea o quella ramata di Montoro, diffusissima in Campania. La carne da utilizzare è il " lacierto" , in italiano girello, in alternativa si usa la colarda o il muscolo dello stinco (gammuncello) o la Locena. La pasta da usare sono gli ziti, quella che si usava nei matrimoni ( zita vuol dire sposa), rigorosamente spezzati a mano. E' essenziale che i pezzettini di pasta che restano durante questa operazione,  finiscano in pentola perché contribuiscono ad amalgamare il  piatto. Vanno bene anche i paccheri, le penne , i mezzanelli.
Ziti spezzati a mano

Locena a pezzi
 ingredienti Per 6 persone:
 - 1 Kg di  carne a pezzi  (io ho usato la locena )
- 1 dl di olio- 

 - 2 carote
- 1 pezzetto di sedano
- 1,5 Kg di cipolle

- pomdorini  una decina
- prezzemolo
- un bicchiere di vino bianco secco
- sale e pepe

 procedimento
Tritare finemente  la carota il sedano il prezzemolo. Affettiamo sottilmente le cipolle.

 Facciamo imbiondire il trito di carote, sedano e prezzemolo nell'olio
Aggiungiamo la carne, facciamola rosolare, poi il vino. Lo lasciamo asciugare.
A questo punto aggiungiamo le cipolle, i pomodorini, un bicchiere e 1/2 d'acqua, regoliamo di sale e pepe;
Abbassiamo la fiamma e lasciamo cuocere per almeno due ore, mescolando di tanto in tanto in modo che il tutto non si attacchi al fondo della pentola,  in pratica deve " pippiare " come il ragù. Quando il sugo avrà una consistenza cremosa ed avrà assunto un colore marrone scuro, sarà pronto per condire la vostra pasta

 Dopo aver cotto in abbondante acqua salata i ziti scolateli e conditeli con il sugo alla genovese, impiattate con una manciata di parmigiano grattugiato e gustatevi questo meraviglioso piatto!

La carne l'ho consumata come secondo, accompagnata da patate fritte.