lunedì 18 maggio 2015

Tagliatelle con le fave

La pasta con le fave, fresche o secche, è un piatto molto diffuso nell'Italia centro-meridionale. Nel periodo primaverile, quando si raccoglie questo legume, ovviamente si usano quelle fresche.A Napoli prepariamo la pasta con le fave in modo molto semplice,usando tre soli ingredienti : fave (preferibilmente novelle) cipolla novella e guanciale ( mascariello in lingua napoloetana) il risultato è un piatto molto gustoso che, assaggiato una volta, difficilmente abbandonerete.
Ingredienti per 4
Tagliatelle di semola  gr 360
fave fresche kg 1
guanciale gr 150
cipollotto novello 2 ( 1 se grande)
Olio EVO
sale qb
parmigiano grattugiato
pepe nero
Sbucciate le fave e togliete il nasello. In una padella fate imbiondire  in olio Evo il cipollotto che avrete affettato sottilmente. Aggiungete poi il guanciale, sempre tagliato sottile e aspettate che si sciolga quasi- Aggiungete quindi le fave, un mezzo bicchiere d'acqua e portate a cottura a fiamma bassa ( 15/20 minuti)
Non dovrebbe essere necessario salare.
Calate la pasta e scolatela al dente
 versatela nella padella con le fave,aggiungete un mestolo d'acqua di cottura della pasta esaltate qualche minuto. Togliete dal fuoco, aggiungete il parmigiano grattugiato (quanto ve ne piace) mantecate un pochino ed impiattate subito con un filo d'olio EVO e una spolverata di pepe nero.



venerdì 15 maggio 2015

Mezzanelli lardiati

La cucina tradizionale napoletana spesso è fatta di piatti poveri, in particolare i primi, piatti nati dall'unione di prodotti economici e di facile reperibilità, quindi tipici del territorio.
Il mezzanello lardiato è uno di questi. Piatto semplicissimo nell'esecuzione e,andato un po nel dimenticatoio a causa della tendenza "light" di questi tempi, ma merita sicuramente una rivalutazione, basta semplicemente essere moderati nel consumo. Per la buona riuscita del piatto è necessario utilizzare un lardo di qualità ( di colonnata o maiale nero casertano). Io ho la fortuna di conoscere una antica macelleria nel quartiere Vergini di Napoli ( centro storico) dove trovo ancora la sugna " squagliata" da loro, i "cigoli" , i "fegatielli cu a rezza", i "stentenielli" e il lardo salato, tutte cose preparate da loro, e chi è di Napoli sa bene che queste cose non si trovano quasi più. Come per tante ricette tradizionali non esiste una sola versione: possiamo dire che quasi ogni famiglia ha la sua ricetta, ci li fa con l'aglio, chi usa la cipolla, chi li fa in bianco...il lardo è preferibile usare quello di pancia e deve essere "allacciato" cioè battuto con la mezzaluna o il coltello sul tagliere, fino a ridurlo alla consistenza di una pomata.
Ingredienti per 4
pasta tipo mezzanelli ( o altro formato corto) gr 360
lardo di colonnata o maiale nero casertano  gr 200 ( va bene anche un buon lardo artigianale di macelleria)
pomodorini del piennolo o pachino  gr 200
pecorino grattugiato  gr 80
olio EVO  qb
prezzemolo
sale qb
pepe nero o peperoncino (1)


preparate il lardo "allacciato " e fatelo soffriggere in una padella con olio EVO sufficiente.

Se preferite il peperoncino al pepe, aggiungetelo ora ( tritato) io ho usato il pepe.
Quando il lardo avrà preso colore aggiungete i pomodorini tagliati a metà, salate   e fate cuocere per circa 15 minuti.Portate a bollore l'acqua per la pasta, salatela cuocete la pasta. Scolatela aldente, passatela nella padella con il sugo e mantecatela con il pecorino grattugiato, prezzemolo tritato e una spolverata di pepe nero, impiattate e servite subito....Buon appetito!!


venerdì 1 maggio 2015

Caserecce al faro



Questa gustosissima pasta è una mia rivisitazione di un piatto preparato da un ristorante del borgo di Marechiaro nel quartiere Posillipo a Napoli, i bucatini al faro del ristorante " Al Faro".
Prima di passare alla ricetta vorrei parlare un po di questo meraviglioso posto che è Marechiaro.
Si tratta di un piccolo borgo marinaro che si trova ai piedi della collina di Posillipo. Negli anni 60 è stato simbolo della "dolce vita" al pari di Via Veneto a Roma, sia per la presenza continua di divi di Hollywood  sia per i suoi caratteristici ristoranti che si affacciano sul meraviglioso panorama del golfo di Napoli ( si può ammirare la città di Napoli con il Vesuvio fino alla penisola Sorrentina e Capri) Il panorama è veramente mozzafiato al punto da far esclamare al grande poeta tedesco Wolfang Goethe :" Mai nella vita mi fu dato di godere di una così splendida visione."
Marechiaro

Parte del panorama da Marechiaro: a destra si vede Capri, a sinistra la penisola Sorrentina

Ma già per gli antichi romani questo luogo era simbolo di prestigio, fama e ricchezza, e il possedere una villa in questo luogo divenne una vera moda. Tanti personaggi illustri vi costruirono le loro imponenti ville da Cicerone a Virgilio Marone, da Lucullo a Pompeo a Vedio Pollione.Tra l'isolotto della Gajola e Marechiaro crebbe in poco tempo una piccola città romana con tanto di impianti termali, un odeon,  un teatro dalla capacità di 2000 posti, aule per le pratiche sportive e culturali (scuola di Virgilio).Sono talmente tanti i resti archeologici che nel 2009 è stato istituito il Parco archeologico di Posillipo, che dalla collina arriva sino alla costa , da Marechiaro al promontorio di Trenatremi.A causa del bradisismo  molti resti sono sotto la superficie del mare per cui è stato anche costituito il Parco sommerso di Gajola,area marina protetta.
Veduta aerea del parco archeologico

Resti sommersi

Palazzo degli spiriti.si tratta di un ninfeo appartenete alla villa di Vedio Pollione, poi residenza imperiale di Augusto e dei suoi successori 
Molti credono che il nome del borgo derivi dalla limpidezza delle acque del suo mare, ma non è così. In un documento di epoca sveva si legge : "ad Sanctum Mariam dellu fara seu ad marum planum", il riferimento è alla chiesa di Santa Maria del faro o di mare planum che, secondo la tradizione, fu costruita sui resti di un tempio pagano e di un antico faro; dal latino " mare planum" all'italiano "mare piano" e al napoletano "mare chianu" il passo è breve ed è evidente che l'attuale Marechiaro  derivi proprio dal nome della Chiesa .
chiesa di Santa Maria del Faro
Ma forse quello che rende più mitico questo luogo è la celebre "fenestella".La leggenda vuole che il poeta napoletano Salvatore Di Giacomo, vedendo una piccola finestra sul cui davanzale c'era un garofano, ebbe l'ispirazione per quella che è una delle più celebri canzoni napoletana : "Marechiaro". La finestra esiste tutt'ora e sul davanzale c'è sempre un garofano fresco, oltre ad una lapide in marmo con inciso lo spartito della canzone ed il nome dell'autore.
A fenestella



Quanno spónta la luna a Marechiaro, pure li pisce nce fanno a ll'ammore....
Passiamo ora alla ricetta
Ingredienti per 4
Melanzane  2
Peperoni 2 ( uno giallo uno rosso)
Mozzarella o provola  250 gr
Casarecce 400 gr
Olio EVO  qb
parmigiano grattugiato  qb
Passsata di pomodoro  2 bicchieri
panna da cucina  2 cucchiai
basilico
sale qb

Lavate peperoni e melanzane e tagliateli a filetto
Friggeteli separatamente in padella, salate e tenete da parte.
Preparate un sughetto con olio, lo spicchio d'aglio e la passata di pomodoro. Fate cuocere per 15/20 minuti, eliminate l'aglio, salate e tenete da parte.
Portate a bollore l'acqua per la pasta: Nel mentre cuoce la pasta versate in un saltapasta le melanzane e i peperoni cotti in precedenza, un filo di olio e fate cuocere per due/tre minuti
Aggiungete il passato di pomodoro, due cucchiai di panna e qualche foglia di basilico e fate insaporire per qualche minuto
Colate la pasta al dente, versatela nel saltapasta e aggiungete la mozzarella tagliata a dadini. Insaporite per qualche minuto e impiattate con una spolverata di parmigiano e una fogliolina di basilico.


venerdì 13 marzo 2015

"A frittata e maccarune"

  
La frittata di maccheroni è uno dei piatti più popolari, semplici della cucina povera napoletana.. Una preparazione di "recupero", perché non ci si poteva permettere il lusso di buttar via niente e, quindi, bisognava riciclare gli avanzi del pranzo precedente.Inizialmente si trattava di pasta non condita, di qualsiasi formato. Nel tempo si cominciò ad usare anche la pasta condita, specialmente quella del tradizionale pranzo domenicale (pasta corta condita con il ragù napoletano) e vi assicuro che la frittata di maccheroni preparata con gli avanzi della pasta condita con il ragù domenicale è eccezionale!
Mi piace ricordare una frase che diceva Pulcinella, la maschera più famosa del sud Italia : " come è buona la frittata di maccheroni, la più buona di tutte! Peccato che io non la mangio mai" e a chi gli chiedeva come mai non la mangiasse, rispondeva :" Perché a me la pasta non avanza mai! ".
Oggi, invece, considerando che il rito del ragù domenicale è un po  perso, si usa lessare appositamente la pasta ( bucatini o vermicelli) e preparare così la frittata di maccheroni nella versione bianca o rossa con l'aggiunta di sugo di pomodoro. Entrambe possono essere semplici o farcite. In genere la frittata di maccheroni viene preparata per portarla in spiaggia o per un pic nic fuori porta, ma può essere tranquillamente consumata come piatto unico alla tavola casalinga poiché non ha nulla da invidiare a tanti manicaretti.
Oggi vi presento la classica bianca farcita con salame napoletano e provola, ma prima un  consiglio:
la frittata deve essere "arruscata" cioè deve presentare una crosta sia sopra che sotto, e morbida ma compatta all'interno. E' un piacere mordere un boccone di frittata: passare dalla consistenza della "arruscatura"  superiore alla morbidezza dell'interno, e da questa di nuovo alla crosta di sotto, che è la sensazione più durevole che resta al palato. La frittata va tagliata e mangiata fredda, al massimo tiepida, se mangiata calda si aprirà tutta.

Ingredienti per 4/6 persone
Vermicelli o spaghetti  gr 500
uova 6
provola (con almeno 1 giorno di riposo in frigo) gr 250
salame napoletano a cubetti  gr 250
pecorino e/o parmigiano grattugiato gr 100
pepe 
sale

Lessate in acqua salata la pasta, scolatela molto al dente, conditela con un filo d'olio e fatela raffreddare per una ventina di minuti. Sbattete in una terrina le uova, il formaggio grattugiato un pizzico di sale e il pepe e aggiungetele alla pasta mescolando per bene.Tagliate a fette la provola e a tocchetti il salame. Aggiungete un terzo del salame tagliato alla pasta e mescolate di nuovo. Mettete sul fuoco una padella anti aderente con un filo d'olio ( per 500 gr di pasta occorre una padella da 26/28), quando l'olio sarà caldo versate metà della pasta, fate uno strato di provola e salame e poi il resto della pasta. Aiutandovi con una forchetta esercitate una pressione sulla pasta così da ottenere uno strato uniforme. Rosolate per bene da un lato poi, aiutandovi con un coperchio o un piatto da portata, girate la frittata e rosolate per bene anche l'altro lato.Una volta formatasi una crosticina su entrambi i lati, togliete dal fuoco e lasciatela raffreddare prima di tagliarla.





giovedì 12 febbraio 2015

"O virzo cu o rriso"(minestra di verza e riso)

.Il riso fu introdotto a Napoli dagli Aragonesi (1400/1500) ma, prima che fosse usato come alimento nella cucina napoletana, passò molto tempo. Inizialmente era utilizzato come medicamento nelle malattie gastro/intestinali ( scuola medica Salernitana ). A Napoli l'uso della pasta e delle verdure nell'alimentazione quotidiana era talmente radicato ( prima che mangiamaccheroni i napoletani erano definiti mangiafoglie) che per il riso non c'era proprio spazio. Perché il riso conquistasse un posto, seppur piccolo, sulle mense dei napoletani, bisogna aspettare l'arrivo dei " Monzù", cuochi francesi chiamati a Napoli dalla Regina Maria Carolina in occasione delle sue nozze con Ferdinando IV di Borbone (1768). Ho scritto " un posto, seppur piccolo..." ma che posto : uno dei modi più sontuosi per cucinare il riso, il sartù che dalla mensa regale arrivò nelle cucine del popolo divenendo un vero trionfo della cucina napoletana. Poi troviamo il risotto alla pescatore e una serie di piatti in cui il riso si sposa con gli ortaggi o i legumi, piatti legati alla tradizione popolare. Forse il più antico di questi piatti è la minestra di verza con riso, simbolo di quella cucina povera che, anche nella semplicità degli ingredienti, non rinunciava al piacere del palato." O virzo cu o rriso" nacque, probabilmente, come una specie di " minestrone povero" con solo un cavolo verza, uno degli ortaggi invernali più versatili. Vediamo come preparalo.

Ingredienti per 4
Riso    gr 300 (ho usato il carnaroli)
cavolo verza  1 grande
prosciutto crudo a dadini o guanciale gr 70 ( ho usato il guanciale)
Aglio uno spicchio
Olio EVO  8/10 cucchiai
scorza di parmigiano a tocchetti  gr 100
parmigiano grattugiato
sale pepe

Levate le foglie esterne alla verza, tagliate a julienne piuttosto grande il resto e lavatela accuratamente.
Tagliate a dadini il prosciutto crudo ( senza togliere il grasso) o il guanciale
In una capiente casseruola fate soffriggere il prosciutto e lo spicchio d'aglio. Quando l'aglio sarà imbiondito toglietelo ed aggiungete la verza e  2/3 cucchiai d'acqua, coprite e fate stufare, a fiamma bassa, per 35/40 minuti. facendo attenzione che non si attacchi al fondo. Se necessario aggiungere qualche cucchiaio d'acqua.
Raschiate per bene la crosta di parmigiano e tagliatela a dadini.
Aggiungete alla verza due bicchieri di acqua tiepida,(comunque il necessario per portare a cottura il riso) portate a bollore, unitevi le croste di parmigiano, calate il riso e portate a cottura. Se neccesario aggiungete ancora un po d'acqua. Cotto il riso lasciatelo riposare 5 minuti, impiattate con una spolverata di pepe macinato fresco, parmigiano grattugiato ed un filo di olio EVO.


martedì 3 febbraio 2015

"A pasta cu e cavulisciure "( pasta e cavolfiore )

Spesso, nella cucina povera, la pasta è abbinata ai legumi o alle verdure.A Napoli sono popolarissimi pasta e fagioli, pasta e ceci, pasta e piselli, pasta e lenticchie, oppure pasta e patate, pasta e zucca, pasta e zucchine, pasta e cavolo...
Nel resto d'Italia, in genere, queste preparazioni hanno un aspetto "brodoso", perché la pasta, cotta a parte, viene aggiunta alla fine ai legumi o alla verdura preparata in precedenza, assumendo l'aspetto e la consistenza di una minestra brodosa. A Napoli il metodo di cottura è diverso: si comincia col cuocere il condimento ( si soffrigge l'aglio nell'olio, poi si aggiungono i fagioli lessati; o la cipolla con un po di guanciale, qualche pomodorino poi le patate a tocchetti...) richiesto dalla ricetta , si aggiungono i legumi o le verdure, s porta a cottura, poi si allunga con un po d'acqua, se necessario, e si porta ad ebollizione e si aggiunge la pasta cruda.
La pasta, cuocendo insieme al condimento, conserva tutto l'amido che, altrimenti andrebbe perso, rendendoli piatto molto più cremoso (  "azzeccato ") e saporito perché la pasta si arricchirà dei sapori del condimento.
La pasta e cavolo che vi propongo è un piatto molto semplice e popolare nel periodo invernale. Ne esistono due versioni: quella bianca e quella rossa, che preferisco e vado ad illustrare.

Ingredienti per 4
Cavolfiore napoletano (quello bianco) gr 500/600
pasta mista gr 380
olio EVO  5/6 cucchiai
prosciutto crudo con il grasso a pezzi  gr 70 ( io ho usato il guanciale)
pomodori pelati 5/6
Aglio 1 spicchio
Prezzemolo
peperoncino 1
sale qb

Imbiondire l'aglio e il prosciutto nell'olio. Togliere l'aglio appena imbiondito ed aggiungere i pomodori pelati, senza la loro acqua di vegetazione. Schiacciare con una forchetta i pomodori e lasciarli cuocere fino ad ottenere una salsetta abbastanza concentrata
aggiungere il cavolfiore tagliato a pezzetti, il peperoncino ( se piace) un pizzico di sale, il prezzemolo tritato, qualche mestolo d'acqua e portate a cottura
Quando sarà cotto, (avrà un aspetto un po cremoso) aggiungete 1/2 mestoli d'acqua, portate a bollore,  calate la pasta, aggiustate di sale e portate a cottura. Impiattate aggiungendo un filo di olio crudo. Molti aggiungono una spolverata di grana o pecorino grattugiato.


Con questa ricetta partecipo al contest " Cavoli, che ricetta!"  del Blog Pixelicious di Sara

venerdì 2 gennaio 2015

Spaghetti alla carrettiera

Gli spaghetti alla carrettiera  rappresentano un esempio di cucina povera che troviamo in ogni regione del centro/sud. Anche nella tradizione napoletana troviamo questo semplice piatto dal gusto deciso e gradevole. La preparazione è molto semplice, si fa imbiondire l'aglio nell'olio, lo si toglie e si aggiungono filetti di acciughe o alici sotto sale o sott'olio , si cuociono un paio di minuti e poi si aggiungono gli spaghetti cotti al dente ed una spolverata di mollica di pane raffermo o pane grattugiato tostati qualche minuto in padella. Per dare un tocco ancora più " napoletano " al posto del pane raffermo o grattugiato ho usato il tarallo "nzogna e pepe " sbriciolato e tritato

Ingredienti per 4
spaghetti gr 400
aglio uno spicchio
acciughe o alici sott'olio
olio EVO
pane raffermo o pane grattugiato ( io tarallo nzogna e pepe )
sale qb prezzemolo

Procedimento
Fate imbiondire lo spicchio d'aglio nell'olio EVO.Appena avrà preso colore toglietelo. Versate nell'olio le acciughe e, appena disfatte, spegnete. Scolate la pasta al dente e versatela nella padella con l'olio e le  acciughe, aggiungete la mollica di pane o il pane grattugiato tostato ed impiattate velocemente con una spolverata di prezzemolo.