lunedì 25 giugno 2012

Risotto speck e finocchi




Nella " sporta " di Tiziana del blog Pecorella di marzapane , per il suo contest " chef per un mese :prendi la sporta e porta "  realizzato in collaborazione con il giornale scelte di gusto  gli ingredienti indicati sono : riso, latte, peperoncino/pepe.
La mia scelta è ricaduta su questo risotto allo speck e finocchio: Ho provato diverse preparazioni con gli ingredienti indicati da Tiziana e alla fine ho scelto questo risotto perché è stata la preparazione che mi ha maggiormente colpito, con il suo incontro di sapori decisi come il piccante che va ad esaltare il dolce del finocchio e del latte presente utilizzato, al posto del tradizionale brodo, per la cottura del riso. Sapori e sensazioni forti, ma allo stesso tempo delicate che danno come risultato un piatto molto equilibrato nei suoi ingredienti che, solo all'apparenza, sembrano incompatibili ma che risultano, alla fine, molto gradevoli al palato.

Ingredienti per 4
riso  300 gr
finocchio 1 abbastanza grande
speck 100 gr
latte 1 l
cipolla 1 di media grandezza
vino bianco 1/2 bicchiere
peperoncino 1
olio EVO  4 cucchiai
parmigiano grattugiato
sale, pepe qb

procedimento
Lavate il finocchio, tagliatelo a spicchi poi affettatelo sottilmente. Tagliate lo speck a striscioline. Tritate sottilmente la cipolla. In una casseruola fate imbiondire la cipolla in 4 cucchiai di olio, poi aggiungete il finocchio e lo speck e cuocete, a fuoco basso, per 7/8 minuti. Aggiungete quindi il riso, fatelo tostare e sfumate con mezzo bicchiere di vino bianco. Aggiustate di sale, aggiungete il peperoncino tritato finemente . Versate quindi un mestolo di latte caldo e, mescolate con un cucchiaio di legno fino a quando sarà assorbito. Continuate la cottura aggiungendo il latte caldo man mano che il riso lo assorbe. Terminata la cottura spegnete il fuoco e fate mantecare con del parmigiano grattugiato e una spolverata di pepe nero. Fate riposare per qualche minuto, poi servite in tavola.



















con questa ricetta paretcipo al contest " chef per un mese : prendi la sporta e porta " indetto da Tiziana del blog pecorella di marzapane in collaborazione co il giornale scelte di gusto

 

martedì 19 giugno 2012

Carbonara di tonno...e un graditissimo premio!


Un piatto veloce, semplice da poter preparare, magari, se la dispensa è "vuota" . In genere preparo gli spaghetti o le linguine al tonno con i pomodorini, era da un po che ero curioso di preparare questa variante della carbonara, e devo riconoscere che l'ho trovata buona e saporita.

Ingredienti per 4
Linguine  350 g
tonno al naturale   2 scatole da 80 g l'una
uova  3  ( due tuorli 1 intero )
2 cucchiai parmigiano grattugiato
2 cucchiai pecorino grattugiato
aglio  1 spicchio
vino bianco 1/4 di bicchiere
olio EVO qb
sale pepe qb
prezzemolo

Preparazione
Fate imbiondire l'aglio  nell'olio in una padella, aggiungete il tonno sgocciolato e. dopo qualche minuto di cottura aggiungete il vino bianco e fate sfumare a fuoco moderato, aggiustate di sale e spegnete.. Portate a bollore l'acqua per la pasta. Nel frattempo , in una insalatiera, versate i due tuorli e l'uovo intero, il parmigiano, il pecorino, una spolverata di pepe, il prezzemolo tritato ed un pizzico di sale. Amalgamate il tutto con una frusta. Cotta la pasta fatela saltare per qualche minuto nella padella con il tonno poi trasferite il tutto nella insalatiera con il composto di uova e mescolate il tutto. Impiattate velocemente con una ulteriore spolverata di parmigiano e di prezzemolo tritato.

Approfitto del post per ringraziare Paola del blog Cooking...e dintorni che ha voluto, molto carinamente, assegnarmi il premio " BLOG 100% AFFIDABILE "
Le regole del  premio BLOG 100% AFFIDABILE sono:
1. I vincitori devono nominare in un post il blog che ha donato loro il premio
2. Inserire il premio nel banner
3. Donarlo a 5 blog con meno di 200 followers

A mia volta dono, con molto piacere, il premio a :
Ricette di cultura  di Alessandra
come un fiorellino di rosmarino  
I sapori del Mediterraneo  di Pasquale
morbide ricette  di Mery
Pane burro e zucchero   di Cristy

lunedì 4 giugno 2012

La frittata del Re lazzarone

Può sembrare strano che una semplice ed umile frittata porti il nome di un re. Eppure nella cucina tradizionale Partenopea esiste la " Frittata del Re Lazzarone " che prende appunto il nome da Re Ferdinando IV di Borbone, Re di Napoli, Re di Sicilia col nome di Ferdinando III e, con l'unificazione dei due regni, Re del regno delle due Sicilie col nome di FerdinandoI.
Ferdinando era un Re molto benvoluto dal popolo, che lo chiamava, simpaticamente, Re Nasone a causa del suo grosso naso , o Re Lazzarone, da non intendersi assolutamente in modo dispregiativo, perché appellativo derivante da "Lazzaro " nome con cui venivano chiamati i popolani. La tradizione vuole che questa frittata sia stata " creata " da Ferdinando quando si trovava nella sua reggia di Portici.

Ferdinando era un re molto particolare. Amava frequentare il popolo, più che la sua corte, Spesso, travestito da popolano, se ne andava in giro per le strade di Napoli, nei mercati, nelle taverne. Parlava quasi esclusivamente la lingua napoletana (in fondo era un napoletano " verace " essendo nato e vissuto a Napoli ) amava la caccia e la pesca, poi con le sue prede,  sempre in incognito, si recava al mercato per rivenderle divertendosi a mercanteggiare con gli acquirenti. Dicevo che non amava la vita di corte, ad essa preferiva le battute di caccia o di pesca nelle sue tenute di Caserta e di Portici, spesso dormiva nei fienili magari in compagnia di qualche florida contadinotta, preferita alle sofisticate dame di corte. Non era raro che la sera, sempre travestito da popolano, si recasse nelle taverne per giocare a carte, utilizzando tutti i mezzi, anche illeciti, pur di vincere.Forse il suo passatempo più tranquillo era quello della cucina. Non solo amava mangiare    ( era ghiotto di baccalà, maccheroni, soffritto ) ma dimostrava le sue buone capacità anche nel cucinare, preparandosi dei cibi molto gustosi, anche se un po rustici ( questo è un esempio )      
Si racconta che un giorno, trovandosi nella Reggia di Portici, ebbe voglia di mangiare una frittata. Si recò allora nella dispensa e fece razzia di cipolle, zucchine,peperoni e patate e si preparò la frittata che ancor oggi porta il suo nome "la frittata del re lazzarone ".
Vediamo come prepararla.
Ingredienti per 4
patate  500gr
zucchine di media grandezza   3
peperoni di diverso colore   3
cipolle dorate  2
uova 5
aglio  2 spicchi
farina  4 cucchiai
 pecorino grattugiato   4/5 cucchiai
olio EVO
sale pepe  qb

Lavate e tagliate le verdure: le patate a tocchetti, le zucchine a rondelle, i peperoni in falde della grandezza di un pollice, le cipolle tritate in modo grossolano.

In una padella versate un po d'olio e fate soffriggere le cipolle per una decina di minuti con un pizzichino di sale. Toglietele e trasferitele in una terrina di coccio tenendole in caldo.
Nella stessa padella aggiungete dell'olio, uno spicchio d'aglio sbucciato e schiacciato. Quando sarà imbiondito, toglietelo ed aggiungete le zucchine tagliate a rondelle. Fatele stufare per una decina di minuti, aggiungete un pizzichino di sale e trasferitele nella terrina di coccio con le cipolle.
Aggiungete ancora un po d'olio nella padella,l'altro spicchio d'aglio sbucciato e schiacciato e fatelo imbiondire. Toglietelo ed aggiungete le falde di peperone. Fatele stufare, aggiungendo un mezzo bicchiere d'acqua ed un pizzichino di sale, per circa 15 minuti. Una volta cotti, trasferiteli nella terrina di coccio. Aggiungete ancora un po d'olio nella padella e friggete i cubetti di patata per circa 5 minuti. Dopo aver aggiunto un pizzichino di sale, uniteli alle altre verdure nella terrina di coccio.Aprite in una ciotola le uova, aggiungete la farina, il pecorino grattugiato, un pizzico di sale e una spolverata di pepe. Con una frusta amalgamate bene tutto il composto.
 Aggiungete dell'olio nella padella, portate a temperatura e versate il composto di uova facendo attenzione ad occupare tutto il fondo della padella. Cuocete per 5 minuti., quindi aggiungete le verdure della terrina.Cuocete ancora qualche minuto, poi ripiegate un lembo della frittata in cottura sugli ortaggi, coprite con un coperchio, abbassate la fiamma e terminate la cottura fino a che la frittata sarà dorata in modo omogeneo e soffice.



Spegnete la fiamma e fate raffreddare la frittata. Trasferitela poi in un piatto da portata, accompagnata magari da una fresca insalatina fresca. Affettata potrà essere un ottimo accompagnamento ad una portata di affettati misti, o un gustosissimo secondo piatto. Tagliata in spicchi triangolari più piccoli può essere servita come antipasto.




Con questa ricetta partecipo al contest ricette a spasso nel tempo del blog ricette di cultura


e al contest Se avessi un ristorante del blog Le pellegrine Artusi































sabato 26 maggio 2012

Coniglio all'ischitana : dalla fossa al tiano !



Vi sembrerà strano ma il piatto che rappresenta la tradizione della cucina ischitana non è un piatto di pesce, come si potrebbe immaginare parlando di un isola ma è un piatto di " terra ".Infatti il coniglio è il piatto ischitano più classico ed il sugo in cui cuoce è l'ideale per un meraviglioso piatto di pasta, i bucatini mi raccomando! S tratta di una pietanza dal profumo intenso ed inconfondibile, dovuto alla presenza di erbe aromatiche quali la piperna selvatica ischitana ( detta anche timo selvatico ) pianta che cresce spontanea sull'isola ma che è anche coltiuvata e la maggiorana. La migliore resa di questa pietanza è legata all'utilizzo di un tegame di coccio ( o tiano ) per la cottura e l'utilizzo del " coniglio di fossa ".
Ischia è la più estesa e popolata isola del golfo di Napoli. La cucina di mare si è affermata solo nell'ultimo trentennio, di pari passo con lo sviluppo del turismo di massa. Fino ad allora lo sviluppo economico dell'isola era imperniato sull'agricoltura e sull'allevamento animale, essenzialmente per uso familiare. Tra gli animali allevati spicca il coniglio. Le prime notizie della presenza del coniglio sull'isola risalgono all'epoca romana da allora la pratica della caccia a questo roditore selvatico non si è mai interrotta. In epoca Aragonese e poi Borbonica, per soddisfare il " passatempo " venatorio dei nobili, parecchi esemplari sono stati introdotti nei boschi dell'isola aumentandone considerevolmente la presenza.
Il tipico metodo di allevamento, nelle fosse, nasce dall'esigenza di avere terra nuova per l'agricoltura, attraverso lo scavo di profonde fosse, circa due metri, dalle quali si ricava terra " nuova " per migliorare la struttura e la resa del terreno coltivato. Nel mondo contadino " nulla si spreca ", la buca fatta doveva avere un suo utilizzo, in qualche modo essere sfruttata. Ecco quindi la geniale intuizione : allevarci i conigli in modo " naturale" e tenerli confinati in un luogo circoscritto così da evitare le loro razzie nei campi coltivati. Il contadino iniziò a rinforzare le pareti delle fosse con dei muri a secco, tranne che in due punti, posti alla base del fosso, dove venivano ricavati dei cunicoli artificiali che venivano ultimati dai conigli stessi per ricavarne la tana. In questo modo le bestiole erano indirizzate a scavare in una direzione prestabilita, in genere dal lato della montagna, evitando così che, con lo scavare,  potessero fuoriuscire e scappare.              

 La particolarietà di questo coniglio allevato nella fossa sta nell'alimentazione, che è esclusivamente naturale. Infatti venivano nutriti con erba fresca, paglia e steli di fave, cicerchie e altre leguminose, residui di potature di alberi da frutto quali pesco e albicocco e anche, nel periodo della vendemmia, con foglie di fico, vite e tralci di vite freschi.. Questa particolare e naturale alimentazione conferisce alle carni dell'animale un gusto unico e di altissime qualità gastronomiche non riscontrabili nelle carni degli animali allevati in modo industriale. Da qualche anno, grazie all'mpegno di un gruppo di allevatori dell'isola questa tecnica di allevamento sta gradualmente riaffermandosi.
Dopo aver visto come viene allevato il coniglio di fossa, vediamo anche come cucinarlo.

Ingredienti per 4
un coniglio del peso di circa 1200/1300 gr
10/12 pomodorini
5 rametti di maggiorana
2 rametti di piperna  ( in mancanza si può usare il timo)
2 spicchi d'aglio
e peperoncini rossi
1 bicchiere di vino bianco
1/2 bicchiere di olio EVO
olio di arachidi per frittura
sale qb
1 tegame di coccio.

preparazione
Lavate accuratamente i pezzi del coniglio sotto l'acqua corrente. Lasciatelo, in un colapasta, per una giornata in frigorifero, così si avranno le carni più rassodate.
Praticate un taglio nella parte superiore della coscia posteriore. nel quale inserirete  pezzetti di aglio,, un po di erbe aromatiche  ( piperna e maggiorana ) un pezzetto di peperoncino. Richiudete con degli stuzzicadenti. Questo, in genere, è il pezzo riservato ad un ospite di riguardo.
Versate in una padella dell'olio di arachidi e, quando sarà caldo, rosolatevi i pezzi del coniglio, eccetto il fegato, facendo attenzione a non bucare la carne nel rigirarli ( usate delle posate di legno ). Una volta rosolati ponete i pezzi del coniglio su carta assorbente per eliminare l'eccesso di olio.
Ponete sul fornello il tegame di coccio, versate l'olio EVO e, appena caldo, aggiungete l'aglio schiacciato. Poi aggiungete il coniglio, il peperoncino e cuocete per una decina di minuti a fuoco moderato. Aggiungete quindi i pomodorini aperti con le mani e salate. Cuocete ancora per una decina di minuti, passati i quali versate il vino bianco, le erbe aromatiche e il fegato del coniglio. Continuate la cottura a tegame scoperto, a fuoco moderato per circa un ora ancora. Una volta cotto trasferite il coniglio su un piatto da portata, lasciando quasi tutto il sughetto nel tegame, nel quale salterete i bucatini, ottenendo così un primo piatto dal sapore eccezionale!









Per la pasta
Ingredienti per 4
bucatini  350 gr
fondo di cottura del coniglio
prezzemolo tritato. parmigiano grattugiato                                                                                               sale  per la pasta qb

Portate a bollore l'acuqa per la pasta , calate i bucatini e, quando cotti, versateli nel tegame con il sugo del coniglio, aggiungete una spolverata di parmigiano grattugiato, del prezzemolo tritato e saltate per qualche minuto.







con questa  ricetta partecipo a
sapori d'oriente  di la cucina di esme
la magia delle spezie   di  i sognatori di cucina e nuvole
geografia in tavola : ricette d'Italia  di le leccornie di Danita
un coccio al mese per 12 mesi  di il blog di Max











venerdì 18 maggio 2012

Sarde ripiene al profumo d'arancia



Questo piatto è un ulteriore esempio di come , usando ingredienti semplici  rientranti nella categoria della cosiddetta " cucina povera " si possono realizzare delle pietanze gustose e per niente " povere "
é' un  piatto che appartiene alla tradizione della cucina siciliana, cucina che ha saputo valorizzare al massimo questo meraviglioso pesce azzurro, spesso colpevolmente ignorato da noi " continentali ".


 Ingredienti pr 4
12 belle grandi sarde
100 gr mollica di pane fresco
50 gr pecorino grattugiato
1 spicchio d'aglio
1 uovo 
1 arancia non trattata
1 mazzetto di prezzemolo
olio EVO qb
sale qb
Farina qb
insalatina mista
20 olive nere

procedimento

Pulite le sarde, apritele a libro i due filetti  ed eliminate  la lisca facendo attenzione a lasciare la coda. Lavatele bene sotto l'acqua corrente, quindi aciugatele con della carta da cucina. Lavate e tritate il prezzemolo, sbucciate l'aglio e schiacciatelo con l'apposito attrezzo, ricavandone solo la polpa.
Mettete in un mixer la moillica di pane, il prezzemolo tritato, la polpa d'aglio il pecorino grattuggiato, un pizzico di sale, la buccia grattuggiata di un arancia, frullate il tutto così da ottenere un trito omogeneo. Aggiungete quindi l'uovo e amalgamate il tutto. Cospargete metà delle sarde con l'impasto ottenuto, copritele co le sarde rimaste, schiacciatele leggermente per far ederire il ripieno, infarinatele e disponetele in una pirofilòa rivestita da carta da forno. Conditele con un filo di olio EVO ed infornatele in forno preriscaldato a 200° per una ventina di minuti. Servite le sarde su un letto di insalatina mista, condita solo con olio e sale e guarnite con fettine d'arancia e olive nere.






con questa ricetta partecipo al contest Chef per un mese : prendi la sporta e porta... indetto da Tiziana del blog Pecorella di marzapane  in collaborazione col giornale scelte di gusto






lunedì 7 maggio 2012

Parmigiana di melanzane




Jeanne Carole Francesconi, nella sua opera " La cucina Napoletana " così parla della parmigiana di melanzane : " Un'altra gloria della cucina napoletana è la parmigiana di melanzane. Pochi elementari sapori che si completano ed ecco uno squisito piatto, saporito ed appetitoso. che bene si addice all'estate ".
La parmigiana di melanzane è un piatto originario della Campania e, nelle sue molteplici varianti, è presente in tutto il sud Italia, e particolarmente in Sicilia, che ne ha ottenuto il riconoscimento come " prodottoagroalimentaretradizionale ". Diciamo che le due regioni, la Sicilia e la Campania, si contendono la paternità della ricetta. La parmigiana è un cavallo di battaglia della cucina Palermitana e Napoletana. Le differenze tra le due preparazioni non sono trascurabili : a Palermo si usa il caciocavallo semi stagionato ed il pecorino grattugiato. A Napoli è d'obbligo il fior di latte o la provola affumicata ( con almeno un giorno di " riposo 2 in frigorifero per evitare che in cottura rilascino troppo liquido ) ed il parmigiano grattugiato. Certamente i Siciliani hanno una ben più antica tradizione nell'utilizzo delle melanzane e ne fanno derivare il nome dal termine dialettale " parmiciana " che indica l'insieme delle listarelle di legno delle persiane.
Effettivamente, le melanzane, originarie dell'India, furono introdotte in Europa dagli arabi,nel corso del Medio Evo. I siciliani, che subirono il dominio arabo tra il nono e l'undicesimo secolo, furono i primi a conoscere e a mangiare le melanzane. Ma il termine "parmigiana, secondo alcuni studiosi, era già presente nel basso Medio Evo per indicare delle preparazioni tipo torte ripiene di carni o pesce, fritti, disposti a strati, chiusi da un involucro di pasta. Quindi certamente parliamo di una cucina " ricca", mentre l'utilizzo di verdure fritte e disposte a strati appartiene certamente ad una tradizione di origini più popolari, infatti in quel contesto storico, la cucina povera era quasi esclusivamente vegetariana.Dicevo che in Sicilia si usa il pecorino, mentre la cucina classica napoletana, specialmente quella nobiliare, faceva un largo uso del parmigiano,ed era piena di preparazioni definite " alla parmigiana ", dove gli ingredienti, disposti a strati, sono conditi con parmigiano e varie salse e stufati al forno. C'è da dire però che la melanzana è stata accompagnata per lungo tempo, dalla cattiva fama di essere tossica, quindi la sua diffusione in Europa inizia realmente intorno alla metà del XVIII secolo. Solo allora comincia ad essere di uso comune sulle tavole del popolo prima, poi su quelle dei nobili. Un indizio importante per cominciare a datare con certezza la nascita di questo piatto è la presenza di un ingrediente importante : il pomodoro.Anche il pomodoro, arrivato in Europa con la scoperta delle Americhe, ha avuto lo stesso destino della melanzana, affermandosi sulle tavole Europee solo nel XVIII secolo. Possiamo quindi dedurre che la nascita di questo piatto sia da collocarsi tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX: Individuato il periodo storico della sua comparsa, vediamo di capire dove, e qui la Campania e Napoli in particolare, possono reclamarne tranquillamente la paternità. Nel suo celebre trattato " Il cuoco galante ", Vincenzo Corrado, di origini pugliesi,che prestò servizio nelle più prestigiose case nobiliari di Napoli, tra il XVIII ed il XIX secolo, troviamo la prima ricetta che, per molti versi, è riconducibile a ciò che noi oggi definiamo " parmigiana ". Probabilmente questa preparazione era,originariamente, tipica delle zucchine. Nell'unica ricetta dedicata alle melanzane,allora chiamate " Petronciani ", il Corrado suggerisce di prepararle come le " zucche, pastinache e  pomodori. Vediamo :
Zucche lunghe alla parmigiana
" Le zucche lunghe devono essere ne troppo grandi ne troppo piccole. Prima di cuocerle bisogna raderle d'intprno e tagliarle in sottili fette rotonde, poi spolverarle di sale per qualche tempo acciocché mandino fuori un certo cattivo umore e si renda la loro carne piechevole da usarla in quella maniera che si dirà, si spremono fra le mani o fra due tondi si infarinano e  si friggono nello strutto. Si servono su un piatto frammezzate de parmigiano e butirro, coverte con salsa gialla d'uovo e butirro, rassodate in forno. " 

" I petronciani, per usarli, bisogna pulirli della corteccia e poi darli una lavata per toglierli una certa malignità che potrebbe nuocere. Spolverarle di sale per estrarne il cattivo umore. Bianchiti li petronciani si possono servire in tute quelle maniere che furono esposte parlando delle zucche,pastinache e pomodori. " 
Per trovare il primo esempio di ricetta di melanzane alla parmigiana dobbiamo rifarci ad Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, nella sua " Cucina casareccia in dialetto napolitano " appendice della " Cucina teorico pratica " .( 1839  )
Ecco la ricetta :
Molignane alla parmisciana
" Piglia chelle belle molignane nere, le lieve la scorza e ne faie felle felle. Po le miette ncoppa a lo bancone a scolare, a scolare co lo sale per miezo, co no mortaro ncoppo per pisemo per nce fa scolà chell'acqua amara, doppo le spriemme bone e le farraje fritte, e po l'accungiarraje dint' a no ruoto a felaro a felaro, co lo caso grattato, vasenecola ntretata e brodo de stufato o co la sauza de pommodore e co lo tiesto ncoppa, le farraje stufà. "

Dopo queste riflessioni ritengo che il termine " melanzane alla parmigiana " sia quello che storicamente indica una preparazione tradizionale della cucina Napoletana e il cui nome deriva dall'uso che si fa in essa del formaggio parmigiano.
Non me ne vogliano i " fratelli " Palermitani e Siciliani, le loro melanzane alla parmigiana, che ho avuto il piacere di mangiare durante le molti estati trascorse a Palermo, sono squisite, come è ottima tutta la loro cucina, ma, appunto, sono melanzane alla parmigiana. La parmigiana di melanzane, " a parmiggiana e mulignane " la si mangia a Napoli!
Veniamo alla ricetta della parmigiana così come la tradizione vuole.

ingredienti per 4
Melanzane napoletane  ! Kg
Pomodori  San Marzano freschi  1,5 Kg  ( o ! bottiglia di passata e 1 scatola di polpa di pomodoro )
Fior di latte  7oo gr
Olio EVO  qb
parmigiano reggiano grattugiato  50 gr
basilico abbondante
olio arachidi per frittura
uno spicchio d'aglio.
sale  qb

Lavate e tagliate a pezzi grossolani i pomodori, fate soffriggere l'aglio in poco olio Evo. Una volta imbiondito, togliete l'aglio e aggiungete i pomodori, un dito d'acqua e qualche foglia di basilico.Portate a bollore e cuocete per circa 15 minuti, Passate po i pomodori al passaverdura. Rimettete quindi sul fuoco il passato di pomodoro , aggiustatelo di sale e lasciatelo addensare a fuoco dolce  fino ad avere una consistenza cremosa. Se usate il passato e la polpa in scatola allora basta una sola cottura : dopo aver soffritto l'aglio, toglietelo e  aggiungete passato e polpa, mezzo bicchiere d'acqua, il basilico e il sale  e continuate la cottura a fuoco dolce fino a quando il sugo avrà la consistenza desiderata: Non è necessario usare molto olio, ne basta pochissimo, perché le melanzane, durante la fase di frittura, assorbono molto olio,che rilasceranno nella cottura in forno.
Lavate le melanzane, asciugatele e tagliatele, nel senso della lunghezza, in fette di circa 1/2 cm di spessore.Non metto le melanzane tagliate a "spurgare " con il sale perché, ormai, le melanzane sono molto più dolci di una volta. Portate a temperatura l'olio di arachidi in una padella e friggete le fette di melanzane , togliendole quando avranno un bel colore dorato. Mettetele su della carta da cucina per far assorbire l'oilio in eccesso.
Tagliate a fette il fior di latte che avrete tenuto almeno un giorno in frigorifero per farlo " asciugare ". In una pirofila da forno versate sul fondo un mestolo di salsa di pomodoro, poi uno strato di melanzane, il fior di latte tagliato a fette, qualche foglia di basilico e uno strato di salsa di pomodoro. Continuate così fino ad esaurire gli ingredienti ricordandovi però che l'ultimo strato deve essere di melanzane su cui verserete ancora della salsa di pomodoro ed una abbondante spolverata di parmigiano grattugiato che, nella cottura al forno, si trasformerà in una piacevole crosticina. Infornate inforno preriscaldato a 200° e cuocete per circa 40 minuti.Quando si sarà formata una crosticina sulla superficie, spegnete il forno e lasciate riposare la parmigiana nel forno aperto : più la fate riposare più sarà buona e compatta.La si può mangiare tiepida , ma anche fredda è buona. é un valido secondo piatto ma può rappresentare anche un piatto unico o una valida soluzione per un pic nic : messa tra due belle fette di pane cafone, anche fredda, vi assicuro che è qualcosa da non perdere! 
























Con questa ricetta partecipo al contest Portami con te...cosa metto dentro a Enjoi ? indetto dal blog pensieri e pasticci... di una mamma in cucina e dalla Ditta Enjoy                                                                              al contest io amo le verdure del blog  Fiori di rosmarino
ed al contest Geografia in tavola : ricette d'Italia del blog  Le leccornie di Danita