lunedì 7 aprile 2014

Vermicelli con salsiccia e friarielli

Oggi vi propongo un piatto che è quasi impossibile mangiare lontano da Napoli, perchè gli ingredienti che lo compongono sono prodotti tipici napoletani, reperibili quasi esclusivamente a Napoli : i friarielli, che sono le infiorescenze delle cime di rapa appena sviluppate e la salsiccia fresca  napoletana, preparata con un misto di carni magre e grasse di maiale,tagliate a mano grossolanamente ( in lingua napoletana "a pponta e curtiello").

Ingredienti per 4 persone :
vermicelli  400g
friarielli  2 fasci
salsiccia fresca 300 g
aglio  2 spicchi
mollica pane raffermo  50 g
olio EVO
peperoncino
sale

preparazione
Pulite e ricavate le cimette e le foglie più tenere dei friarielli. portate a bollore una pentola con l'acqua ( la stessa che userete per lessare la pasta )quando bolle aggiungete il sale e fatevi lessare un terzo dei friarielli puliti in precedenza.Fateli lessare per 3/4 minuti, scolateli con una schiumarola e metteteli in un recipiente alto e stretto, dove usando un frullatore ad immersione, preparerete un pesto aggiungendo un mestolo di acqua di cottura e dell'olio di oliva EVO.

 spellate le salsicce e tenetele da parte.
velate il fondo di una padella con l'olio EVO, aggiungete uno spicchio d'aglio in camicia  e fatevi rosolare per 3/4 minuti le cime dei friarielli tenute da parte.

Dopo 3/4 minuti aggiungete le salsicce, un pizzico di sale il peperoncino e fate cuocere per circa 15 minuti a fuoco dolce, aggiungendo un mezzo bicchiere d'acqua.Ovviamente se necessario, aggiungete ancora un po d'acqua.
In un'altra padella antiaderente, versate un filino d'olio EVO, uno spicchio d'aglio in camicia e fatevi tostare la mollica di pane raffermo sbriciolata.
Cuocete i vermicelli nell'acqua di cottura dei friarielli, scolatela aldente e fatela saltare nella padella con le salsicce e i friarielli.Spegnete la fiamma, incorporate il pesto di friarielli e fatelo amalgamare per bene. Impiattate concludendo con una spolverata di mollica tostata e...buon appetito!


lunedì 13 gennaio 2014

vermicelli alla puttanesca


Tra i tanti piatti della cucina napoletana questo è uno dei più conosciuti al mondo. In qualunque parte del mondo troverete un ristorante che vi presenta questo squisito primo piatto. Arthur Schwartz nel suo " Naples at table " (Napoli a tavola) scrive :
[...] Per quanto riguarda la sua origine etimologica, (il termine puttanesca) è stato oggetto degli sforzi di immaginazione di molti studiosi, che hanno tentato in ogni modo di trovare la soluzione all’enigma. Alcuni dicono che il nome di questa ricetta derivò, all’inizio del secolo, dal proprietario di una casa di appuntamenti nei Quartieri Spagnoli, che era solito rifocillare i propri ospiti con questo piatto, sfruttandone la rapidità e facilità di preparazione. Altri fanno riferimento agli indumenti intimi delle ragazze della casa che, per attirare e allettare l’occhio del cliente, indossavano probabilmente biancheria di ogni tipo, di colori vistosi e ricca di promettenti trasparenze. I tanti colori di questo abbigliamento si ritroverebbero nell’omonima salsa: il verde del prezzemolo, il rosso dei pomodori,il viola scuro delle olive, il grigio-verde dei capperi, la tinta granato dei peperoncini.
Altri sostengono che l’origine del nome sia da attribuire alla fantasia di una ragazza di vita Yvette la Francese , che si ispirò alle proprie origini provenzali. Yvette, probabilmente, non era dotata solo di fantasia, ma anche di senso dell’umorismo e di un’ironia alquanto caustica, che forse sfruttò per celebrare, attraverso il nome di questo piatto, la professione più antica del mondo.[...] 

Un'altra interpretazione la da  Carola Francesconi nella sua " La cucina napoletana" scrive:
[...] Questi maccheroni, sebbene più ricchi dei loro parenti, si chiamavano alla marinara. Ma subito dopo la seconda guerra mondiale, a Ischia, il pittore Eduardo Colucci, non so come ne' perche', li ribattezzò con il nome con cui oggi è generalmente conosciuto.
Colucci, che viveva per gli amici, d'estate abitava a Punta Mulino - in quel tempo uno degli angoli più pittoreschi di Ischia - in una rustica e minuscola costruzione; camera con cucinino e un terrazzo in mezzo al quale si innalzava un albero di ulivo.
Oltre ai consueti più intimi amici, sfilavano sulla sua terrazza le più svariate personalità italiane e straniere. E lui, dopo aver offerto come aperitivo un fresco e genuino vinello d'Ischia, improvvisava spesso una cenetta a base di questi maccheroni che erano la sua specialità.[...]  Anche il grande Eduardo de Filippo li cita in un suo affascinante e simpatico poemetto gastronomico, " Si cucine cumme vogl''i "



Si t''e ffaie cu l'aulìve
e na vranch''e chiapparielle,
ddoie o tre pummarulelle
te cunzuole.....ma però,

'e Gaeta ll'aulìve,
e vasenicola fresca...
Si vuo' fa' sta puttanesca
io te saccio cunziglià:

aulìve e chiapparielle
ll' 'i''a menà a tiella forte,
nzieme 'a ll'aglio,llà pe' llà;
quanno se so' fatte storte

vide tutt''e chiapprielle
russe russe e spampanate...
Mò nc''e mmine, già schiattate,
ddoie o tre pummarulelle"...


 Consentitemi una piccola divagazione : sono rimasto letteralmente incantato dalla lettura di questo poemetto di Euardo. Ho scoperto un Eduardo allegro, sincero, solare che  ti trasmette  tutto il suo amore per la cucina, cucina piena di fantasia e semplicità. Mi sono riproposto di dedicare un intero post a questo poemetto con una accurata traduzione dalla lingua napoletana ( Atlante linguistico internazionale dell'UNESCO, codificazione ISO  639-3 nap ) .

Veniamo alla preparazione

Ingredienti per 6 persone
500 g spaghetti o linguine o vermicelli
300 g  pomodorini spunzilli o,in inverno,del piennolo. se non li trovate  usate i pachino 
150 g olive nere di gaeta
50 g capperi sotto sale
2 spicchi d'aglio
olio extra vergine d'oliva 
peperoncino
abbondante prezzemolo
sale qb


Preparazione
In una padella fate scaldare l'olio e poi versate l'aglio, i capperi, sciacquati con acqua in precedenza, le olive snocciolate. Fate cuocere per qualche minuto a fuoco vivace,   aggiungete quindi i pomodorini spezzati a mano, il peperoncino e del prezzemolo tritato.Fate cuocere per 10/15 minuti a fuoco moderato.Attenzione nel salare il sugo perché i capperi sono già salati. Fate saltare la pasta, cotta nel frattempo, nel sugo e servite con del prezzemolo tritato.






lunedì 30 dicembre 2013

A scarola mbuttunata ( scarola imbottita )

La scarola imbottita rappresenta un piatto tipico della cucina napoletana e campana La tradizione vuole che sia presente su tutte le tavole nel cenone della vigilia e in tutte le feste natalizie. Si può usare la scarola liscia o quella riccia, io ho usato quella riccia.


Ingredienti per 4 persone
4 cespi di scarola
8 filetti di alici sott’olio
100 gr olive di Gaeta
50 gr pinoli
50 gr uvetta sultanina
50 gr capperi
2 cucchiai formaggio pecorino grattugiato
Olio EVO
Uno spicchio aglio


Procedimento
Lavate per bene le scarole, lasciandole intere e togliendo loro le foglie esterne. Scuotetele in modo da eliminare l’eccesso d’acqua ed apritele delicatamente sul tavolo.
Disponete al centro di ognuna le olive snocciolate, due filetti di alici, una manciata di capperi, una di pinoli ed una di uvetta fatta rinvenire in precedenza in un po di acqua tiepida. Aggiungete un po di aglio tritato, una cucchiaino di pecorino ed un pizzico di sale
Richiudete le scarole e legatele con dello spago da cucina per non far fuoriuscire il ripieno.

 Versate l’olio in una teglia e fatevi rosolare le scarole, dolcemente, per qualche minuto. Aggiungete un bicchiere d’acqua, coprite e cuocete a fuoco moderato per una ventina di minuti. Generalmente vengono consumate come una sorta di antipasto o come una ulteriore seconda portata. Sono ottime anche fredde.

martedì 10 dicembre 2013

A genuvese ( sugo alla genovese )


La genovese rappresenta, insieme al ragù, uno dei fondamenti della cucina napoletana. Se definiamo il ragù il "re" della cucina napoletana, la genovese ne è, a pieno titolo,  la regina .Ma perché questo sugo che appartiene alla tradizione culinaria napoletana, porta il nome " alla genovese"?L'oriigne di questo nome è alquanto incerta. Una delle tesi più accreditate la fa risalire al XV secolo, in pieno periodo aragonese, quando nella zona del porto di Napoli, vi erano alcune osterie tenute da trattori genovesi i quali erano soliti cucinare la carne in modo da ricavarne una salsa per condire i maccheroni.
Scavi dell'antico porto Aragonese con, sullo sfondo Castel Nuovo (Maschio Angioino)

Tavola Strozzi (Museo di S:Martino) olio su tela del XV sec. che rappresenta  Napoli vista dal mare

Scavi dell'antico porto Aragonese ( particolare del muraglione aragonese in primo piano nella tavola Strozzi
   Altri studi fanno risalire l'origine di questo piatto alla presenza, sempre nel XV secolo, alla presenza, sul molo dove di solito attraccavano le navi provenienti da Genova, di un "maccaronaro", che aveva li il suo banchetto e che, probabilmente, prese il soprannome di " o genovese".
 Esiste ancora un'altra tesi sull'origine della genovese:  nel febbraio 1495, nelle fila dell'esercito francese che occupava Napoli, vi erano dei mercenari svizzeri.La cipolla è un ingrediente molto usato nella cucina elvetica e qualche mercenario svizzero avrebbe potuto trasmettere la conoscenza di una ricetta originaria di Ginevra. Da qui, con molta facilità il "sugo a la Genève "  può facilmente diventare " alla genovese".Ma, quasi come la trama di un thriller, ecco che alla fine degli anni 70 viene alla luce un documento che pare metta fine alla ricerca. Nell'Archivio Nazionale di Parigi, vengono alla luce dei documenti: sono due trattati di arte culinaria del medio evo. Uno di essi è il LIBER DE COQUINA, scritto da un anonimo alla corte Angioina di Napoli nel trecento Si tratta di un ricettario dell'epoca dedicato a Carlo II d'Angiò.E tra queste ricette,scritte in latino, la n° 66 porta il nome di " De Tria Ianuensis, " che tradotta diviene "Della Tria Genovese. Il termine " Tria " è presente già in alcuni testi del trecento, tra cui  il " theatrum sanitatis" dove per le paste alimentari si usa il termine "  Trij" . Ancora oggi, nel Salento, si cucinano " ciceri e tria" pasta e ceci!
 Insomma credo che possiamo essere sicuri di una sola cosa: di pasta alla genovese, a Napoli se ne parla già dal 1300, e, in attesa di definire l'origine del nome,  gustiamoci un bel piatto di ziti ala genovese!!L'ingrediente necessario per realizzare questo piatto è la cipolla.Non va usata quella bianca, tanto meno quella fresca. L'ideale è quella rossa di Tropea o quella ramata di Montoro, diffusissima in Campania. La carne da utilizzare è il " lacierto" , in italiano girello, in alternativa si usa la colarda o il muscolo dello stinco (gammuncello) o la Locena. La pasta da usare sono gli ziti, quella che si usava nei matrimoni ( zita vuol dire sposa), rigorosamente spezzati a mano. E' essenziale che i pezzettini di pasta che restano durante questa operazione,  finiscano in pentola perché contribuiscono ad amalgamare il  piatto. Vanno bene anche i paccheri, le penne , i mezzanelli.
Ziti spezzati a mano

Locena a pezzi
 ingredienti Per 6 persone:
 - 1 Kg di  carne a pezzi  (io ho usato la locena )
- 1 dl di olio- 

 - 2 carote
- 1 pezzetto di sedano
- 1,5 Kg di cipolle

- pomdorini  una decina
- prezzemolo
- un bicchiere di vino bianco secco
- sale e pepe

 procedimento
Tritare finemente  la carota il sedano il prezzemolo. Affettiamo sottilmente le cipolle.

 Facciamo imbiondire il trito di carote, sedano e prezzemolo nell'olio
Aggiungiamo la carne, facciamola rosolare, poi il vino. Lo lasciamo asciugare.
A questo punto aggiungiamo le cipolle, i pomodorini, un bicchiere e 1/2 d'acqua, regoliamo di sale e pepe;
Abbassiamo la fiamma e lasciamo cuocere per almeno due ore, mescolando di tanto in tanto in modo che il tutto non si attacchi al fondo della pentola,  in pratica deve " pippiare " come il ragù. Quando il sugo avrà una consistenza cremosa ed avrà assunto un colore marrone scuro, sarà pronto per condire la vostra pasta

 Dopo aver cotto in abbondante acqua salata i ziti scolateli e conditeli con il sugo alla genovese, impiattate con una manciata di parmigiano grattugiato e gustatevi questo meraviglioso piatto!

La carne l'ho consumata come secondo, accompagnata da patate fritte.


domenica 24 novembre 2013

Torta caprese

La torta caprese,è un dolce molto diffuso oltre che a Capri, nella penisola Sorrentina, nella costiera Amalfitana e nel napoletano. Si tratta di una torta a base di cioccolata e mandorle, croccante all'esterno e morbida dentro, senza la presenza di farina, quindi adatta anche ai celiaci.Le origini di questo meraviglioso dolce non sono molto certe. La leggenda vuole che sia nata a Capri agli inizi del novecento : un artigiano del posto, Carmine Di Fiore, ebbe l'incarico di preparare una torta di mandorle per tre malavitosi americani, giunti sull'isola per curare degli affari per conto di Al Capone. Il cuoco si mise all'opera nel suo laboratorio ma dimenticò di mettere la farina nell'impasto! Ecco che, grazie ad un errore , quello che doveva essere un semplice dolce, si trasformò in un soffice e meraviglioso connubio di cioccolato fondente e mandorle che è diventato il dolce simbolo dell'isola, dolce amato ed imitato in tutto il mondo!
Poiché il dolce, nella ricetta tradizionale,  non prevede l'uso di farina ne di lievito è molto importante far inglobare più aria possibile durante la lavorazione, così da evitare che abbia l'aspetto di una pizza.

ingredienti per una tortiera da 26 cm
300 g mandorle non tostate (vanno bene anche con la pellicina)
250 g burro morbido
250 g cioccolato fondente
200 g zucchero
5 uova medio/grandi
zucchero a velo qb
Procedimento
Portate il forno a 180°
Sciogliete il cioccolato a bagnomaria.
Tritate le mandorle in un mixer, ottenendo una polvere non eccessivamente fine.
 Montate a spuma il burro con lo zucchero, poi, sempre montando, aggiungete un tuorlo alla volta

 Aggiungete poi il cioccolato fuso e le mandorle.
Montate gli albumi a neve ed aggiungeteli al composto mescolando con una spatola di legno, con un movimento dal basso verso l'alto, facendo attenzione a non smontarli.
Foderate la tortiera con carta da forno, versateci l'impasto ed infornatelo nel forno preriscaldato a 180° cuocendo per circa 60 minuti.Per controllare la cottura fate la " prova stecchino ".
Una volta cotta la torta, fatela raffreddare su una gratella, poi cospargetela di zucchero a velo per servirla.




mercoledì 6 novembre 2013

Ndunderi, una pasta che "viene da lontano"


Minori , meraviglioso borgo marinaro della costiera Amalfitana, ricco di acqua grazie al torrente Farinola o Reginna minor (come lo  chiamavano  i romani) , ha una ricca ed antica tradizione pastaia.Tutti ritengono, a giusto titolo, Gragnano capitale della pasta, ma pochi sanno che furono i pastai di Minori, che nel 700 valicarono i monti lattari,  giunsero a Gragnano e,  con l'utilizzo di un macchinario chiamato " marchingegno ", diedero inizio alla produzione industriale della pasta.
Veduta di Minori
I formati tradizionali di pasta che ancora oggi le massaie di Minori preparano in casa sono : gli ndunderi, sorta di gnocchi giganti preparati con farina,uova,ricotta ed altri ingredienti ; i ricci o fusilli, lavorati con un ferro sottile e le lagane, simili alle pappardelle.
Di questi tre tipi di pasta certamente il più antico è rappresentato dagli  Ndunderi. Questo tipo di pasta, rigorosamente fatto a mano, pare sia la variante delle " Palline latine ", di origine romana, alimento a base di farro e latte cagliato. I pastai di Minori ne modificarono la ricetta che, attualmente, prevede , per l'impasto, l'uso di : farina, ricotta, uova,formaggio di vacca grattugiato, noce moscata sale e pepe. Lo " ndundero " è il piatto tradizonale per la festa di Santa Trofimena, protettrice di Minori.  L'UNESCO ha riconosciuto gli Ndunderi come una delle prime paste alimentari codificate.
Il condimento ideale per questa antichissima pasta è un ragù di carne molto denso, ma si possono usare altri tipi di salse come ,ad esempio un pesto composto da erba finocchietto, prezzemolo e noci di Sorrento, o salse a base di pomodorini del piennolo.

Ingredienti per 4
Ricotta di mucca fresca setacciata  250 gr
tuorli d'uovo  3
farina tipo 00    200 gr
formaggio di vacca grattugiato  1 cucchiaio
noce moscata  una spolverata
sale e pepe qb

Mettiamo sulla spianatoia la farina a fontana, aggiungiamo i tuorli d'uovo, la ricotta setacciata,il formaggio grattugiato, la noce moscata il sale ed il pepe.

Amalgamiamo per bene e lavoriamo l'impasto fino a che diventi morbido e compatto. Dopo aver lavorato l'impasto, rigorosamente a mano, lo riduciamo in un lungo cordone non molto sottile
Tagliamo  il cordone a tocchetti grandi 2 o 3 volte uno gnocco, quindi, uno per volta, li facciamo scivolare sulla concavità di una grattugia o su una forchetta o sull'apposito attrezzo per gli gnocchi ( pettine ) per renderli concavi
Abbiamo ottenuto gli ndunderi che vanno cotti in abbondante acqua salata per 13/15 minuti

Per condire gli ndunderi ho usato questa salsa.

Ingredienti
 Cipolla bianca  di piccole dimensioni  1/2
aglio  1 spicchio
guanciale  100 gr
vino bianco  1/2 dc
pomodorini del piennolo  400 gr
pecorino e parmigiano grattugiati
provolone del monaco  50 gr

Rosolate la cipolla e l'aglio in una padella con l'olio.Aggiungete il guanciale tagliato a julienne e qualche foglia di basilico, bagnate col vino bianco e fate evaporare Unite quindi i pomodorini aperti con le dita e cuocete per circa 5/6 minuti. a fuoco moderato. Terminata la cottura salate e pepate.
Fate saltare per qualche minuto gli ndunderi, cotti in abbondante acqua salata per 13/15 minuti, nella padella con la salsa preparata. Impiattate quindi con una spolverata di formaggio grattugiato e guarnendo con una fogliolina di basilico ed il provolone tagliato a julienne. Buon appetito!