giovedì 25 ottobre 2012

Pasticcini del Vesuvio

In Campania, definita dai romani Campania Felix, esiste, da millenni, la coltivazione della mela annurca. Questa pratica trova riscontri storici ben precisi : negli scavi di Ercolano, cittadina distrutta dall'eruzione del Vesuvio, insieme a Pompei, è stato ritrovato un affresco, nella casa dei cervi, raffigurante questo frutto :
Ercolano : casa dei cervi  affresco
anche Plinio il vecchio, nella sua monumentale opera enciclopedica " Naturalis Historia " la cita con il nome di Mala Orcula, nome proveniente dalla zona di produzione " intorno all'orco " ( oltretomba ) l'attuale lago d'Averno nei pressi di Pozzuoli : nel 1500 Giovan Battista della Porta, nella sua opera " Pomarium " descrivendo le mele che si producono nel territorio di Pozzuoli dice testualmente " Le mele che da Varrone,
Columella e Macrobio, sono dette orbiculate, provenienti da Pozzuoli, hanno la buccia rossa, da sembrare macchiate nel sangue, e sono dolci di sapore, volgarmente sono dette orcole " .  Da qui il nome di anorcola e , successivamente, annorcola. Arriviamo al 1800 e  il nome annurca appare ufficialmente in un manuale  di arboricoltura. Anche il Cavalcanti, nella sua ricetta di frittelle di mele con rum, raccomanda di usare le " mele nnurche  ".Dalla sua terra d'oriigne, il territorio di Pozzuoli, la produzione si è sparsa in tutta la regione, in particolar modo nell'Aversano, nel Casertano, nel Sannio  e nel Nocerino.
La mela annurca, detta anche " Regina delle mele ", è l'unica varietà di mela coltivata nell'Italia meridionale, ed ha ottenuto il riconoscimento IGP:
Non si tratta di una mela qualunque, ma rappresenta il meraviglioso risultato della cura amorevole mostrata dagli agricoltori nei suoi confronti. Tutte le varietà di mele vengono raccolte quando raggiungono la maturazione. La mela annurca viene invece raccolta quando è ancora acerba. Questo avviene per un motivo ben preciso : il peduncolo è estremamente corto e fragile e non garantisce la completa maturazione del frutto sull'albero.Per evitare che cada dai rami non ancora matura, procurandosi lesioni e ammaccature , i contadini le raccolgono ancora acerbe e le depongono in apposite ceste. Poi, con molta delicatezza, vengono trasportate nei " melai " dove completeranno la maturazione. I melai sono piccoli appezzamenti di terreno, sistemati in modo da evitare ristagni d'acqua. Qui vengono costruiti dei letti di materiale molto soffice ( paglia, trucioli di legno, aghi di pino ) Su questi letti vengono deposte le mele sane, prive di parassiti e residui di anti parassitari ; sono disposte in fila ed espongono la parte meno arrossata al sole. Onde evitare un eccessivo irragiamento dei raggi del sole e per proteggerli dalle intemperie, i melai sono coperti da appositi teli ( un tempo si usavano frasche di castagno ).
melaio
Durante questo processo di maturazione, chiamato " arrossamento " e che può arrivare fino a dicembre inoltrato, le mele vengono periodicamente girate ( circa ogni 10 giorni ) ed ogni volta si scartano quelle intaccate o marcite.
La " girata " delle mele
Tutto il laborioso processo di lavorazione, dalla raccolta all'arrossamento è  rigorosamente manuale.
La maturazione nei melai esalta le qualità e la tipicità della mela annurca che si presenta di colore rosso uniforme, di dimensioni ridotte, con polpa croccante, bianca e  soda, dal sapore gradevolmente acidulo ed aromatico e profumo finissimo. La buccia è liscia e cerata. E' ricca di vitamina A e C, fibre, sali minerali e fruttosio, particolarmente adatta ai bambini ed agli anziani, è spesso indicata nelle diete ai malati, particolarmente diabetici.

Con questo meraviglioso dono della natura  ho preparato dei pasticcini molto semplici, con un ripieno quasi esclusivamente di mele annurche cotte con pochissimo zuccheroed un pizzico di cannella La caratteristica simpatica di questi dolcetti, che da anche il nome " del Vesuvio ", è che sulla superficie del pasticcino viene prtaicato un foro che, al momento di servirlo, vine riempito con del rum che viene infiammato  creando un simpatico effetto visivo.
Veniamo alla preparazione

Ingredienti per circa 8/10 pasticcini

per la pasta frolla
farina  300 gr
zucchero  150 gr
burro  150 gr
tuorli  3
sale  un pizzico


per il ripieno
mele annurche  7/8  ( potete comunque usare anche altre varietà di mele )
burro  1/2 noce
scorza d'arancia
uvetta sultanina  40 gr
zucchero 4 cucchiaini
cannella  un pizzico
rum  un bicchiere


Prepariamo la pasta frolla
Sulla spianatoia  mettiamo la farina a fontana, aggiungiamo i tuorli, lo zucchero. il burro ammorbidito ed un pizzico di sale. Impastiamo tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto morbido e liscio. E' importante per la pasta frolla , impastare velocemente  senza far scaldare troppo l'impasto. Formate una palla, avvolgetela nella pellicola e fatela riposare in frigo almeno una quarantina di minuti.

Nel frattempo che la frolla riposi, prepariamo li ripieno :levate il torsolo alle mele, sbucciatele, tagliatele a spicchi e mettetele in un tegame     con un po di burro, la scorza d'arancia, l'uvetta,lo zucchero, la cannella  e fate cuocere a fuoco dolce finché saranno diventate morbide ma non molli.
Stendete la frolla e foderate degli stampini unti di burro e infarinati ; riempiteli con il composto di mele da cui avrete eliminato la scorza d'arancia.
Copriteli con altra pasta frolla, facendo un buco al centro e cuocete in forno moderato fino a che la superficie sarà dorata.
Fateli raffreddare, quindi toglieteli dagli stampini e ricopriteli con zucchero a velo. Al momento di servirli, riscaldate il rum, versatelo nel foro ( nel quale avrete messo della carta alluminio per evitare che si disperda e infiammatelo, ottenendo così anche un simpatico effetto scenografico.

Con questa ricetta partecipo al contest " chef per un mese "  del blog Pecorella di marzapane " e Scelte di gusto

e al contest "" Dolci da asporto "  del blog Melizie in cucina



sabato 13 ottobre 2012

Pasta e zucca



In Campania, come nel resto d'Italia, esistono tantissimi prodotti di nicchia, relativi ad aree territoriali molto ristrette, con produzioni limitate tali da non giustificare una richiesta di DOP o IPG. Il Ministero delle politiche agrarie ha quindi istituito un "Libro per i prodotti agroalimentari tradizionali " con lo scopo di istituire un elenco di queste "eccellenze " e favorirne la divulgazione e la salvaguardia della qualità, tutto questo in collaborazione con le Regioni.Tra questi prodotti tradizionali, in Campania, troviamo la zucca lunga napoletana o  "cocuzza zuccarina " 
La zucca, originaria dell'America latina centrale, fu uno dei primi ortaggi insieme alla patata e al pomodoro, ad essere importata in Europa dopo la scoperta dell'America.In Campania la coltivazione tradizionale è quella della cosiddetta " zucca lunga napoletana "  che ha un aspetto caratteristico con una forma cilindrica, dal diametro di circa 30 cm, con una lunghezza tra i 60 e i 100 cm, eternamente di colore verde arancio, internamente di colore giallo arancio. La raccolta avviene tra luglio e settembre e, conservandola in modo adeguato, si può utilizzare anche nei mesi invernali. Questa varietà di zucca è molto coltivata negli orti della provincia napoletana.
L'utilizzo più diffuso della zucca, nella cucina napoletana, è, certamente,  in abbinamento con la pasta. La guida gastronomica  italiana del Touring Club edita nel 1931, cita, tra i piatti tipici della Campania, una ricetta di zucca rossa e pasta : zucca cotta nell'olio, sino alla consistenza di una salsa, a cui si aggiungono i maccheroni. Anche Matilde Serao, nel ventre di Napoli, parla di una minestra di zucca consumata nei basi napoletani.
Vediamo allora come preparare questa " pasta e cocozza "
La preparazione è molto semplice, gli ingredienti quelli essenziali: zucca, pasta ( non quella mista ma i tubettoni ! ), aglio ,olio.sale prezzemolo e peperoncino
Ingredienti per 4
zucca lunga napoletana  750 g
tubettoni 350 g
olio EVO  circa 100 g
aglio  uno spicchio
sale qb
peperoncino
prezzemolo tritato abbondante
parmigiano grattugiato

procedimento

Togliamo la buccia alla zucca, laviamola e tagliamola a tocchetti. In una pentola facciamo imbiondire l'aglio nell'olio. Appena biondo togliamolo e aggiungiamo la zucca, il peperoncino e un po di sale, mescoliamo ed aggiungiamo 2/3 mestoli d'acqua.Portate a ebollizione coperto. Quindi lasciate cuocere a fuoco moderato, mescolando di tanto in tanto, sino a quando la zucca avrà assunto la consistenza quasi di una crema. Calare la pasta in acqua poco salata e, a metà cottura, scolarla ( conservate qualche mestolo di acqua di cottura ) e unirla alla pasta e terminare la cottura aggiungendo dell'acqua di cottura della pasta se necessario.
Fate riposare qualche minuto, impiattate con una spolverata di parmigiano e abbondante prezzemolo tritato.




 con questa ricetta partecipo al contest di " Sapori d'Italia "
e al contest " Zucche alla riscossa " del blog Staffetta in cucina

lunedì 8 ottobre 2012

"Pane cuotto" per non mangiare da solo!

Il Blog " Lo spilucchino " insieme alla Ong " Progettomondo.Mlal è promotore di un contest  a sostegno della campagna Io non mangio da solo! . L'idea è quella di preparare un calendario con le foto più significative inviate dai partecipanti , e  un ricettario di piatti che abbiano come ingrediente il pane, l'alimento per eccellenza. Non ci saranno vincitori per questo contest, anzi, mi correggo, tutti coloro che vi partecipano, vinceranno un " sorriso " dei bambini delle scuole dell'America Latina o dell'Africa a cui avranno contribuito a dare  un pasto al giorno, o accesso  all'acqua potabile
 C'è tempo fino al 16 ottobre, partecipate,  NON MANGIAMO DA SOLI !!
Ho pensato, per dare il mio contributo, di ripresentare una ricetta che rappresenta un classico della cucina povera non solo Campana ma di tutta la tradizione contadina , un mondo dove nulla si buttava, specialmente il pane che, anche se duro, raffermo, trovava il suo giusto utilizzo. Questo Pane cuotto, era tipico dei pastori delle montagne Picentine, nel salernitano.
 Pane cuotto con patate

Ingredienti
patate 3/4
pane raffermo a fette
acqua 1/2 L
sale qb
olio EVO qb
aglio  uno spicchio
peperoncino
parmigiano o pecorino grattugiato

Fate bollire, in una pentola, 1/2 L di acqua con un cucchiaio di olio EVO. Sbucciate le patate e tagliatele a fette sottili. Versatele nella pentola che bolle e portatele a cottura. Quando saranno cotte aggiungete le fette di pane , un pizzico di sale e continuate la cottura, mescolando sempre, fino ad avere un composto denso e cremoso.
Fate soffriggere, in una padella con due cucchiai d'olio l'aglio e il peperoncino. Appena l'aglio imbiondirà toglietelo e versate l'olio nella pentola con il pane e le patate e fate ancora cuocere per circa 5 minuti. Spegnete e lasciate riposare per qualche minuto. Servite quindi il Pane cuotto con una abbondante spolverata di formaggio  grattugiato.



venerdì 28 settembre 2012

Lagane e ceci


Lagane e ceci, pasta e cicere, lampe e tuone, lo possiamo chiamare in quanti modi vogliamo,resta sempre un meraviglioso piatto di pasta e legumi,  nonostante la sua vetusta età ( qualche millennio ).Le lagane sono un tipo di pasta fresca molto diffuso nel sud Italia, particolarmente in Campania, Basilicata, Calabria e Marche. Possiamo definirle le antenate delle attuali lasagne. L'impasto è composto da farina di semola,acqua e sale. Dopo averlo lavorato con le mani e fatto riposare, lo si stende con il " laganaturo " , termine in lingua napoletana che sta ad indicare un cilindro di legno lungo circa 50 cm e dal diametro di 4/5 cm col quale si stende l'impasto sulla spianatoia, in pratica l'attuale " matterello ".La loro forma è simile alle pappardelle, solo più larghe ( 4 cm ) e più corte ( 7/10 cm ).
Dicevo di origini antichissime : mi basta citare Orazio, nelle satire ( VI, I libro ) " ...inde domum me ad porri et ciceris refero laganique cantinum " " quindi me ne ritorno a casa per mangiare una scodella di porri, ceci e  lagane " ! Nel napoletano è abitudine cuocere la pasta direttamente nei legumi preparati in precedenza, quindi dopo aver preparato le lagane, le si fanno cuocere in una zuppa di ceci .
Perchè  a Napoli  la tradizione vuole che  questo piatto si chiami  " lampe e tuone " ?? Si tratta di un simpatico riferimento al temporale viscerale che questo legume provoca durante la digestione.

Ingredienti per 4 
per le lagane
300 g farina di semola
100 g farina00
acqua
un pizzico di sale

per la zuppa di ceci
ceci 400 g
guanciale  100 g
aglio uno spicchio
olio EVO qb
sale pepe qb
prezzemolo tritato
un pizzico di bicarbonato

Procedimento
Disporre sulla spianatoia le farine ed impastarle con un acqua tiepida ed un pizzico di sale. Lavorare l'impasto con le mani sino ad ottenere una pasta elestica ed asciutta. Fatela riposare per circa un ora. Stendere la pasta con il " laganaturo" ( matterello )  ottenendone una sfoglia di circa 3 mm di spessore, dalla quale ricaverete delle strisce di circa 4 cm di larghezza, che taglierete ad una lunghezza di 7/10 cm.



Prepariamo la zuppa di ceci
Dopo averli tenuti a bagno in acqua con un pizzico di bicarbonato per almeno 12 ore, lavateli accuratamente e fateli cuocere in acqua abbondante per non meno di 150 minuti. In una padella fate soffriggere nell'olio EVO uno spicchio d'aglio. Quando sarà imbiondito toglietelo ed aggiungete il guanciale fagliato a dadini. Quando anche il guanciale sarà imbiondito versate il tutto nella pentola con i ceci. Aggiungete un po di prezzemolo tritato , regolate di sale e portate a bollore, aggiungendo, se necessario, un po d'acqua.
Quando bolle calate le lagane e portate a cottura.Quando saranno cotte al dente, spegnete il fuoco, aggiungete, se necessario il sale, una spolverata di pepe e prezzemolo tritato. Fate riposare per qualche minuto. Impiattate, quindi, versando sul piatto un filo di olio EVO e...buon appetito!!





Con questa ricetta partecipo al contest del Molino Chiavazzi " Mani in pasta - le paste regionali parte III



sabato 22 settembre 2012

Calamari imbottiti con scarola


Si tratta di una ricetta della tradizione della cucina napoletana L'utilizzo dell'uva passa e dei pinoli in preparazioni salate è un classico della cucina partenopea. Questi due ingredienti, uniti alle olive nere, ai capperi ed alle acciughe sotto sale, " sposati " con le scarole, danno origine a dei piatti molto gustosi come le scarole imbottite, tipica preparazione delle festività natalizie, alla pizza con le scarole e ai non meno squisiti calamari imbottiti.

ingredienti per 4
4 calamari grandi o 8 piccoli
3 cespi di scarola
uno spicchio d'aglio
100 g olive nere di Gaeta
50 g uva passa
50 g pinoli
un pugno di capperi
2 filetti di acciughe sotto sale
10 pomodorini
olio EVO  qb
vino bianco qb
prezzemolo tritato
sale  qb

procedimento
Togliete tutte le foglie esterne della scarola, lavatela per bene sotto l'acqua corrente, spezzate le foglie grossolanamente con le mani e fatela sbollentare per non più di un paio di minuti in acqua bollente. Scolatela, strizzatela per bene e saltatela per 3/4 minuti in una padella con olio EVO, lo spicchio d'aglio tritato, i pinoli, l'uvetta fatta precedentemente rinvenire in acqua tiepida,  le olive snocciolate, i capperi e i filetti di acciuga: dopo averle assaggiate, se necessario aggiungete un pizzico di sale.
Pulite i calamari, sminuzzate i tentacoli e teneteli da parte. Imbottite i calamari  con le scarole preparate e con una metà dei tentacoli sminuzzati, chiudeteli con degli stuzzica denti e fateli rosolare insieme ai restanti tentacoli in una padella con olio per qualche minuto. Versate due dita di vino bianco e fate sfumare. Aggiungete quindi i pomodorini spezzati a mano, qualche oliva di Gaeta, un pizzico di sale, coprite e fate cuocere a fuoco moderato per una decina di minuti. Terminata la cottura aggiungete del prezzemolo tritato e servite i calamari con il loro sughetto. Se aumentate il quantitativo dei pomodorini, potete utilizzare parte del sugo per condire degli spaghetti.









Con questa ricetta partecipo al contest di Tiziana del blog Pecorella di marzapane e Scelte di gusto



sabato 15 settembre 2012

O filoscio cu ' e cepolle ( frittata di cipolle )


Con il termine frittata si intende una preparazione di uova sbattute, fritte in padella con l'aggiunta di ingredienti di origine ortofrutticola : frittata e patane, frittata e cucuczielli ( frittata di patate, di zucchine ).Quando però gli altri ingredienti sono di origine animale, insaccati e/o latticini, non si usa più il termine frittata ma    " filoscio mbuttunato ", ( omelette farcita ) Si tratta di un francesismo ( filoche ) che indica una frittata morbida e sottile ripiena di ingredienti dolci o salati. L'eccezione, nella tradizione popolare napoletana, è rappresentata appunto dal  " Filoscio cu 'e cepolle " che, pur presentando una farcitura non di origine animale, non viene chiamata frittata.Questo perché, in genere, più che una frittata, si prepara una sottile omelette farcita con cipolle stufate.Ciò per quanto riguarda l'etimologia del nome. Sicuramente la frittata di cipolle è presente in tutte le cucine regionali italiane, anzi versioni molto simili le troviamo anche in Francia. La cosa certa è però che già il Corrado la cita nel suo " Cuoco galante " 1773 e il Cavalcanti nella sua " cucina teorico pratica 2 del 1839, la colloca tra i piatti più popolari.Comunque , visto che sono almeno due secoli che questo piatto, questo gustosissimo sposalizio tra le uova e la cipolla, è presente sulle tavole  dei napoletani, nessuno può sostenere che non faccia parte della tradizione popolare napoletana. Ecco la ricetta del Cavalcanti :
  Frettata co la cepolla
" Chisso è no bello piatto p'acconcià buono lo stommaco pe chi lo tene revotato.....e averamante stammatina me lo voglio fa ;piglia nzomma na bella cepolla janca, la ntritarraje e la faje zoffriere co no poca de nzogna dint'a la tiella e la farraje venì jonna  jonna; sbattarraje 24 ova fresche ( le dosi per le ricette sono per 12 persone ) nge mjette miezo quarto de provola grattata, no poco de mollica de pane, o  spugnata o grattata, no poco de petrosino ntretato, e nge mbruoglie chella cepolla, anniette la tjella,  nge miette no poco de nzogna e, quanno fummeca, nge mine chella puparotta d'ova ; po co na cucchiara de lignammo, vuote sempe, pecchè accossì se coce nfiachè se quaglio tutto ll'uovo; quanno s'è tutto quagliato nge farraje piglià la forma frettato attunnannola cu la cucchiara  e co lo maneco mmano de òla tjella mperò! la muovvarraje sempe sempe pe no farla azzeccà sotto; po nge miette no piatto ncoppa, e la vuote sott'è ncoppa dinto a lo piatto; miette n'uto poco poco de nzogna dint'a la tjella e la farraje purzì fummechià, po accuongio, accuongio, nge farraje sciulià co lu stesso piatto la frettata e la farraje cocere da chell'auta parte e sempe tenenno mmano lo maneco de la tjella ; quanno s'è cotta la lieve da la tjella e la miette dint'a lo vacile suojo.

Ho voluto realizzare in modo fedele la ricetta del Cavalcanti.
Ingredienti per 4
Uova 6
cipolla bianca  1 grande
sugna  2 cucchiai
mollica di pane   100 g
pecorino e parmigiano grattugiato   abbondante
sale e pepe qb
prezzemolo tritato
 Procedeimento

Tritate la cipolla. Mettete in una padella un cucchiaio di sugna, versate la cipolla e fatela imbiondire ( jonna jonna ). Sbattete le uova unendovi i formaggi grattugiati, il sale il pepe, il prezzemolo tritato e la mollica di pane strizzata e sbriciolata. Aggiungete quindi a questo composto la cipolla cotta . Asciugate con della carta da cucina la padella, versateci il resto della sugna e fatela " fummechià " cioè bollire, per evitare di sentire il sapore di sugna cruda, per circa un minuto. Versate nella padella il composto di uova e cipolla e, aiutandovi con un cucchiaio di legno, fate rassodare l'uovo. Quando sarà cotta da un lato, con l'aiuto di un piatto, capovolgete la frittata e lasciatela cuocere anche dall'altro lato.  Servitela accompagnandola con una insalatina fresca. E' buona anche fredda.